di ANDREA PETRINI
“Maura Nen” 2022 Canavese Nebbiolo DOC Luca Leggero: il giovane vignaiolo di Villareggia è attivissimo in rete ma in cantina resta ben ancorato alla tradizione.

 

Se utilizzati correttamente, i social restano ancora oggi un formidabile strumento per promuovere il proprio lavoro e creare relazioni altrimenti difficili. Questo lo sa bene Luca Leggero, vignaiolo classe 1990, che grazie a Instagram sta facendo conoscere il vino che produce sulle colline di Villareggia, alle porte del Canavese. In questo territorio rurale, a pochi chilometri da Torino, Luca — che ha iniziato a lavorare tra le vigne del nonno e del bisnonno già all’età di 15 anni — fonda nel 2011 la sua azienda con l’obiettivo di creare, nel tempo, una cantina che riporti in vita due eccellenze locali: il Nebbiolo, ottenuto dai cloni di Picotendro, e l’Erbaluce, più una piccola parte di Dolcetto proveniente da Murazzano (dove si sta sviluppando un progetto di agricoltura sociale).

Ci sono voluti tanti anni – spiega – ma con la realizzazione della cantina, nel 2021, il progetto ha finalmente preso forma. Dopo aver sognato tutto questo, sono davvero felice di poter mostrare ciò che ho realizzato: dalla progettazione dei vigneti all’impianto, dalla produzione delle prime uve agli esperimenti, fino alla creazione dei vini. Vini che, oltre ad avere qualità e rappresentative del territorio, devono essere sostenibili, soprattutto dal punto di vista ambientale”.

I sei ettari di vigneto di proprietàsono gestiti col metodo biologico e biodinamico, con l’utilizzo di microrganismi e di macerati autoprodotti per la difesa e la fertilità naturale dei terreni sciolti, tipici del Canavese: “In cantina lavoro per tutte le mie etichette. Le migliori masse vanno nel Maura Nen e nel Red Nen, ovviamente, ma potrei definire gli altri, il La Vila e il Turciatura, dei vini base, perché la mia idea è che tutti debbano avere un potenziale di invecchiamento importante”.

A parte il Langhe Dolcetto “Retro”, che fa esclusivamente acciaio, tutti i vini di Leggero vengono affinati in anfore e botti grandi di rovere.Le anfore – dice lui – è un omaggio alle antiche tradizioni e non solo. Questo approccio, utilizzato sia per bianchi che per i rossi, permette al vino di respirare e maturare gradualmente, dando più complessità e sfumature, ma senza alterare gli aromi tipici delle uve. Inoltre le anfore offrono un ambiente stabile e una temperatura costante, che aiuta a preservare le qualità dei vini nel tempo. Le botti grandi in rovere da 25 e 50 hl, utilizzate esclusivamente per i rossi, permettono sia di lavorare sulla complessità, sia di conferire maggiore volume e persistenza in bocca. Si tratta comunque di un utilizzo dosato: il lavoro in botte può variare dai 4 ai 6 mesi e al resto ci pensa l’anfora. Per l’Erbaluce, invece, dal 2023 stiamo usando in affinamento anche tonneaux da 500 litri, per donare maggiore profondità al vino ma con passaggi molto veloci e sul 20% della massa totale”.

Tra i rossi, quello che mi è rimasto più impresso è senza dubbio il “Maura Nen” 2021. Il nome, che in dialetto piemontese significa “non matura”, racconta bene tutta la difficoltà e l’austerità del legame tra il territorio canavesano e il suo vitigno tradizionale. Nebbiolo in purezza dal colore brillantissimo, svela un bouquet elegante e profondo: si apre con profumi di rosa e violetta, che si intrecciano a note mature di prugna e ciliegia, mentre sullo sfondo affiorano accenni di artemisia, achillea, accanto a sensazioni scure di terra e spezie. Il sorso è bevibilissimo, più persistente che massiccio, con grana tannica solida ma fine, in un contesto di rara piacevolezza. Bravo Luca!

 

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