Lo tsunami degli inviti si è placato. Ma la metà è rimasto non letto, molti sono arrivati doppi o tripli. L’ultimo alle 3 di stanotte. Ora però si parte. Sicuri di non rispettare (quasi) nessun appuntamento: dovrei averne uno ogni 16 minuti…
Tranquilli: non ho alcuna intenzione di attaccare la solita geremiade sugli uffici stampa e i pr che ti tirano per la giacchetta cercando di convincerti a presenziare al loro convegno, alla loro imperdibile degustazione, al loro stand pieno zeppo di chef-star, salamini artigianali e belle donne.
E’ un lavoraccio, quello delle pubbliche relazioni. Faticosissimo. Frustrantissimo. E ai tanti amici che se ne occupano va la mia piena solidarietà in un momento topico com’è appunto il Vinitaly: ovvero il periodo di massima pressione.
Detto questo, è dura anche per noi (e meno male che il nodo degli accrediti è risolto)
Non solo in fiera, cosa proverbiale del resto.
Ma prima. Nell’organizzazione di spostamenti e appuntamenti o, peggio, nella gestione della corrispondenza.
Io, che non conto un tubo e che do in genere poca relazione, ho ricevuto circa 200 tra inviti, solleciti alla visita, avvisi di eventi.
Sarei bugiardo se dicessi che è tutta fuffa.
Ci sono un sacco di cose interessanti, invece. Tante davvero.
E tutte impossibili, o quasi, da seguire.
Perchè tra le distanze, le chiacchiere in itinere tra un appuntamento e l’altro, gli sbagli di direzione eccetera, il tempo vola. Nulla comincia o finisce con puntalità.
Così, tranne eccezioni rarissime, da anni ho deciso di non andare più da nessuna parte.
O meglio, di non prendere impegni con nessuno.
Vago, mi faccio accompagnare dal caso, improvviso trasportato dal flusso della folla e, di solito, me ne torno a casa comunque soddisfatto.
Perchè, del resto, far torto a qualcuno? Se lo incoccio per strada, bene: magari passiamo insieme anche due ore. Ma fare la via crucis, per poi trascurare maleducatamente tutti con toccata e fuga, mi pare anche peggio.
Copiando l’idea di un ottimo collega, ho provato infatti a fare due conti.
Di 200 inviti, mettiamo che 100 valgano la pena di essere accettati. Io sto al Vinitaly, che è aperto nove ore al giorno, per tre giorni e quindi per complessive 27 ore. Insomma, calcolatrice alla mano dovrei dedicare 16 minuti a ciascun appuntamento o invito, inclusi imprevisti, convenevoli di passaggio, telefonate, spuntini, visite alla toilette, spostamenti vari, puntate in sala stampa.
Vi pare una cosa possibile?
A me, no.
Quindi ieri sera è finito l’Invititaly e oggi comincia il Vinitaly.
Prosit.