Ieri il Drago ha vinto il Palio. Lo abbiamo vinto, anzi. Ai concittadini non c’è nulla da spiegare, perchè sanno da soli. Agli altri nemmeno, perchè sono cose che non si possono spiegare. Da noni a primi. Otto sorpassi pennellati, galoppo, potenza. Vittoria!
Ho visto il Palio dalla finestra di amici carissimi, i Cinelli Colombini.
Una finestra che mi porta fortuna. Fortuna doppia.
Uno, da lì ho assistito a tre vittorie (e scusate se è poco).
Due, sono state tutte vittorie straordinarie: Benito scosso, 16/8/89 (il più bello di tutti i tempi), Pitheos e il Pesse, 16/8/1992, e quello di ieri, Oppio con Salasso.
Palio epico e quasi surreale.
Mossa in apparenza impossibile, con le accoppiate di nemici ad aprire e chiudere il canapo: Aquila-Pantera e Chiocchiola-Tartuca (di rincorsa). Cavalli quasi immobili per mezz’ora. Tattica allo stato puro, strategie, richiami, meccanismi da orologeria, di sguardi e di attimi.
Poi la partenza a sorpresa.
Usciamo noni. E’ andata, mi dico. Ma a San Martino siamo quinti. Peccato, penso: se si partiva meglio. Dal Casato usciamo terzi e io comincio a vedere psichedelico.
Rimonta. Al secondo San Martino capolavoro di Salasso che passa all’interno la Pantera. Nella spianata l’Aquila galoppa, ma il Drago vola. Al secondo Casato gli siamo già dietro: finta all’esterno e sorpasso magistrale all’interno. Bastano due falcate per prendere il largo e capire che non c’è più storia.
Dietro, nulla: nessuna caduta, nessun infortunio, qualche bella nerbata tra nemici.
Vittoria solitaria. Giubilo incontenibile (con mille scuse agli altri ospiti che mi guardavano un po’ straniti).
Il Palio Perfetto: “Il cuor che m’ arde divien fiamma in bocca” (motto della contrada del Drago).