Il Corriere denuncia: nei cantieri romani gli archeologi sono “minacciati, precari e malpagati a 60 € al giorno“. Cifra con cui molti giornalisti farebbero festa. Il tutto alla vigilia dell’ultima tappa degli Stati Generali dell’Informazione (“Le proposte dei giornalisti per cambiare passo”) di giovedì prossimo…
No, nessun amarcord sul giornalismo di ieri, tranquilli.
Piuttosto una considerazione attualissima su quello di oggi. E proprio alla vigilia della tappa più importante – almeno per noi – degli Stati Generali dell’Informazione, prevista dopodomani a Roma col titolo “Oltre la crisi: le proposte dei giornalisti per cambiare passo“.
Il Corriere della Sera, infatti, pubblica oggi (qui) un interessante articolo che pare tagliato preciso preciso sulla nostra professione: “Minacciati, malpagati e precari: ecco gli archeologi da 60 euro al giorno“. Parla di quelli impegnati nel controllo dei cantieri romani.
La differenza tra noi e loro, come quasi tutti i colleghi sanno, è che il compenso medio quotidiano di un giornalista autonomo è ben sotto la soglia “archeologica”, viste le ridicole tariffe a pezzo (da 3 a 10 euro) che gli editori offrono e che moltissimi di noi compiono l’errore di accettare. Un problema che ormai si è esteso dai quotidiani ai periodici, ove spesso si viene mandati a fare servizi fuori sede o perfino all’estero a fronte di una remunerazione di 30, 40, 50 euro al giorno (quando non gratis, “tanto ti fai un viaggio“).
Il risultato è che tutta la professione estranea al mondo contrattualizzato, il quale peraltro si va drasticamente riducendo e che non ha prospettive positive nemmeno per sè, è progressivamente precipitata nella dilettantizzazione di fatto.
Come possa un settore delicato come l’informazione essere affidato a soggetti che (a parte il paradosso di essere iscritti a un ordine per entrare nel e rimanere nel quale occorre giustamente dimostrare di essere pagati in modo congruo per il proprio lavoro) sono costretti a trovarsi altre occupazioni o ad avere altri redditi per svolgere il proprio mestiere, è un mistero.
Ed è un altro mistero perchè l’opinione pubblica si indigni e la grande stampa denunci (o forse no, ma non siamo maliziosi) se un archeologo è pagato 60 euro al giorno e non se un giornalista è pagato meno di lui.
L’articolo del CdS insomma cade a fagiolo e speriamo di avere l’opportunità di parlarne giovedì 4 luglio col sottosegretario con delega all’editoria Vito Crimi durante i lavori degli Stati Generali, ove ovviamente sarò presente e su cui vi riferirò.
Ah, ironia della sorte: giornalismo a parte, il mio sogno e la mia vocazione sono sempre stati di fare l’archeologo.
Giuro.