di ROBERTO GIULIANI
Fior d’Arancio secco VinOrigo Colli Euganei docg 2022 Ca’ della Vigna: fatto col Moscato giallo e in botte sferica di ceramica, ecco un bianco di grande personalità e in grado di evolvere a lungo.

 

Siamo sul Colle della Montecchia, noto per la presenza della villa cinquecentesca Emo Capodilista, nel Comune di Selvazzano Dentro (PV). Qui il territorio è di origine vulcanica e l’uva “Serprina” è stanziale da parecchi secoli: nei Colli Euganei è molto diffuso questo particolare biotipo di Glera (clone ISV-VA 4 iscritto nel 2007 nel Registro Nazionale delle varietà di vite), la varietà destinata alla produzione del Prosecco, che per le sue caratteristiche dà il meglio di sé proprio nei suoli vulcanici.

Fino al 2009 il vitigno era denominato Prosecco, ma con l’ingresso delle DOCG Conegliano-Valdobbiadene e Asolo (e per il fatto che in Friuli esiste il Comune di Prosecco da cui alcuni suppongono provenga questa varietà), il nome è stato modificato in Glera.

Nei Colli Euganei, ovvero nella provincia di Padova, non c’è solo la Serprina, ma anche una particolare cultivar di Moscato giallo, qui denominata “Fior d’Arancio”, menzionata già in alcuni documenti agricoli del 1879.

Catia Bolzonella e Willem Brouwer, ambedue architetti, lei padovana e lui di Haarlem in Olanda, innamorati del vino e spinti da un profondo rispetto per l’ambiente, nel 2010 fondano l’azienda Ca’ della Vigna, tre ettari vitati e condotti in biologico, una produzione di poche migliaia di bottiglie tra le quali alcune a base di Moscato giallo.

Oggi ho scelto questa dal significativo nome “VinOrigo”, vino fermo, non filtrato e non chiarificato.

Come ci raccontano i produttori “l’uva vendemmiata viene trasportata in cantina entro due ore dalla raccolta, dove viene lavata, diraspata-pigiata e confluita in botte di ceramica di forma sferica. Il vino è stato lasciato a contatto con le bucce fino alla svinatura, avvenuta dopo 5 mesi. Prima dell’imbottigliamento viene travasato e deposita brevemente senza l’uso di solfiti. L’uso della botte sferica ha molteplici vantaggi: in fase di vinificazione sulle bucce mantiene il cappello a contatto con il mosto, facilitando l’estrazione del colore; in fase di fermentazione i moti convettivi non sono ostacolati, anzi contribuiscono al mantenimento di una massa omogenea e a un naturale rimescolamento delle fecce fini; in fase di conservazione lo spessore della parete garantisce un ottimale inerzia termica ed uno scambio omogeneo, il materiale permette il passaggio di ossigeno, senza cedere alcuna sostanza aromatica”.

Devo dire che il vino che mi trovo davanti ha una pulizia espressiva notevole, si sente la mano attenta e un lavoro meticoloso in ogni passaggio. Il colore è giallo paglierino intenso con venature oro. Il profumo richiama subito, guarda caso, il fiore dell’arancia, note di agrumi maturi, pesca gialla, mango, uva spina, susina, erbe aromatiche, zenzero.

Bocca freschissima, con una bella carica fruttata che gioca tra la parte fresca e agrumata e quella più matura che spinge leggermente sul tropicale senza ammiccarlo in modo spudorato. La sensazione finale è quasi salina, rinfrescante ma profonda e persistente, con un forte richiamo alla componente minerale, rocciosa. Un bianco dalla personalità coinvolgente, in grado di evolvere a lungo senza timore di cedimenti.

 

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