di ROBERTO GIULIANI
INVECCHIATIGP (*): Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva Utopia 2008 Montecappone

 

Non posso nascondere di avere un debole per i vini di Gianluca Mirizzi, che si tratti di bianchi o di rossi non fa alcuna differenza. Mi mancava però l’occasione di assaggiare un suo Verdicchio che avesse un po’ di anni sulle spalle, qualcosa che potesse confermare le impressioni estremamente positive che mi ha sempre suscitato.

L’occasione è arrivata con la nuova rubrica InvecchiatIGP, sicuro che Gianluca potesse mandarmi qualcosa di interessante.

Premetto una cosa: l’Utopia (nel senso del vino) è la realizzazione di un sogno, di un’idea di Verdicchio che racconti al meglio le potenzialità dei vigneti che dimorano sulle colline dei Castelli di Jesi. Per fare questo Mirizzi non ha voluto chiedere il supporto del legno, ma ha usato solo il cemento, per un anno, al fine di preservare al massimo tutte le caratteristiche di quest’uva straordinaria.

Il 2008, uscito nel 2010, è un’illuminante testimonianza di utopia realizzata, con il suo colore oro intenso e luminoso e i profumi di frutta candita e secca ma dal timbro fresco, non da vino passito, parliamo di albicocca, pesca, ananas sciroppato, c’è anche un piacevole richiamo alla giuggiola, all’arancia candita, poi venature di nocciola, pietra focaia, sensazioni iodate, fiori macerati.

Al palato, a occhi chiusi, potresti pensare a un bianco di 4 o 5 anni, non certo di 13, perché quella base acida che lo sostiene rende il frutto vivo, non dolciastro, addirittura più fresco che al naso, mentre il corredo minerale e le note di nocciola e mandorla accompagnano un finale lungo, intenso e sapido.

Un grande bianco marchigiano, che conferma quanto ci sarebbe bisogno di trovare vini del genere al ristorante, con i quali si contribuirebbe a demolire quella convinzione ancora troppo diffusa che i vini bianchi italiani siano buoni solo da giovani.

 

*) InvecchiatIGP: no, nella rubrica InvecchiatIGP non parliamo dei problemi geriatrici di qualcuno di noi (anche se sarebbe utile), perché stavolta il nostro intento è quello di andare a scovare e raccontare i vini italiani “non giovanissimi”. Abbiamo pensato a questa dizione perché non parleremo solo (anzi quasi mai) di quelli che vengono definiti “vini da grande invecchiamento” ma cercheremo sorprese, chicche, specie tra vini che nessuno si aspetterebbe, cercando di non tralasciare nessuna tipologia. Troverete spumanti metodo classico e vini bianchi con almeno cinque anni sulle spalle, i rosati con tre mentre per i rossi andremo a considerare una gittata temporale di oltre dieci anni. E’ un viaggio nel tempo dell’enologia italiana, cari lettori!

 

Pubblicato in contemporanea su