Dati (giustamente) per spacciati fino a dieci giorni fa, i bianconeri inanellano la seconda vittoria consecutiva e tornano a sperare nella salvezza. Eppure la differenza di significato tra le due partite è enorme.

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Sei punti in due partite, gli stessi del duo Giampaolo-Baroni nelle prime undici giornate di campionato, e il Siena di Malesani riagguanta un treno per la salvezza che pareva perduto per sempre. L’acqua alla gola resta, sia chiaro. Ma tra averla alla gola, in buona compagnia oltretutto, e essere sotto c’è una bella differenza.
Un miracolo? E’ presto per dirlo, anche perchè quota 40 è ancora ben lontana. Tuttavia la fiammella della speranza può tornare ad essere alimentata. E la ragione è semplice: la squadra sembra ridivenuta “normale”, quindi capace di fare cose normali. Ad esempio tirare in porta e segnare. Sembra poco?
Avevamo detto che il successo contro il Catania era stato inutile. Qualcuno si è arrabbiato, ma non abbiamo cambiato idea: fu una vittoria casuale, fortunata, frutto di svarioni, dettata dal cuore forse, non dal gioco nè dalla ragione, che comunque nel calcio continuano ad avere un ruolo importante.
Battere in casa gli ultimi in classifica era una cosa ovvia, dovuta.
Non era invece dovuto, ma solo “normale”, che una squadra in cerca di punti e pericolante come il Siena battesse sul campo amico un’avversaria più quotata, ma in crisi di risultati in trasferta e perdipiù orfana del suo bomber Di Natale. Missione compiuta: Udinese affondata, tre punti in carniere e un po’ più di serenità.
Ecco, diciamo allora chiaro e tondo che rivoluzione è tutta qui (e di nuovo scusate se è poco): il Siena di un mese fa non avrebbe mai battuto i friulani, bene che andasse avrebbe strappato un grigio pareggio e ci si sarebbe accontentati di aver “mosso la classifica”.
Ma a cosa è dovuto questo colpo di reni? A mio parere non al gioco, la tattica, il modulo. Nemmeno agli uomini, forse, sebbene i giocatori sembrino rivitalizzati dalla cura Malesani. E’ la testa ad essere cambiata. Il Siena visto contro l’Udinese è sembrato avere una testa diversa, piena di quell’indispensabile miscela di concentrazione, cattiveria, coraggio, determinazione, cinismo e mestiere che per le quadre in lotta per salvarsi rappresentano l’unica vera benzina. Quella vista spesso altrove (nell’Atalanta, nel Livorno e perfino nel malandato Catania) e quasi mai al Franchi, almeno quest’anno, dove la Robur pareva invece in avvitamento, in crisi di autostima, involuta e rassegnata.
Che il “rimbalzo” sia anche merito dell’allenatore, non c’è dubbio. Che al risveglio della compagine possano aver contribuito le voci sugli avvicendamenti societari, pure.
Ma – ripeto – è il rientro nella normalità il fatto più confortante. Una normalità che potrebbe anche comportare, senza eccessivi danni, perfino di uscire sconfitti a Palermo (ma i rosanero in casa non brillano) e di affrontare nell’incertezza del pronostico anche il derby della Befana con la Fiorentina (squadra che invece fatica in trasferta), prima di finire il girone sul difficile ma non impossibile campo dell’Inter.
Riagganciato il treno, ritrovato il coraggio e invertita la tendenza, anche i punticini tornano ad essere utili. I pareggi tignosi, i gollonzi, perfino le barricate contro i più forti, per vincere contro i pari grado. Tutto fa brodo, se c’è la scodella. Fino a dieci giorni fa mancava pure quella, quindi accontentiamoci.