Il fascino di tutto ciò che è insulare è irresistibile. A cominciare dalle storie che ogni terra emersa e circondata dal mare porta con sè. Indolenza, tensione, claustrofobia, passione. Suggestione? Certo, anche. Ecco una lettura per mettersi alla prova.
“Il nostro Salvatore mi ha posto in su l’isola e da ogni parte i venti percuotono“, scriveva nel 1377 Santa Caterina da Siena. Solo che nel suo caso l’isola era quella di Tentennano, un’arcigna fortezza di pietra nel bel mezzo della pur ondulata terraferma delle colline senesi.
Qui invece voglio parlare di isole vere, perchè mi sono capitati per le mani alcuni libri interessanti, da un lato simili e dall’altro molto diversi.
Inutile negare che le isole siano luoghi affascinanti e che la vita isolana, nella sua forzata e quasi intrinseca lentezza (memorabile la massima sillabatami settimane fa da un amico elbano: “E’ lo scirocco che ci rende slow“) possa esercitare sul viaggiatore un’attrazione irresistibile.
Nel suo recentissimo e maneggevole “Avventure di piccole terre” (Neri Pozza, 160 pagine, 16 euro) Ambrogio Borsani pilucca qua e là per l’Italia cinquanta minuscole terre emerse – a volte anche lacustri o perfino poco più che scogli – e ne racconta qualche suggestione, aneddoti sconosciuti, storie antiche e recenti, spigolature fuori passo. Una lettura piacevole e una miniera di notizie oggettivamente capaci di suscitare una certa curiosità sulle vicende e su luoghi a cui, dopo, ti viene da pensare con occhio diverso. Peccato, a volte, un certo autocompiacimento di scrittura e qualche incomprensibile pennellata ideologica che incrina un po’ la placidità della narrazione, ma il libello resta agile e godibile. Ideale, comunque, per una lettura nel patio, meglio se con vista mare, sebbene gli argomenti trattati non siano sempre leggeri: guerre, assedi, morti, tradimenti, passioni coronate o deluse, sepolture, angherie, incarcerazioni. La loro descrizione in punta di penna fa però spesso sollevare la testa dalle pagine e vagare con pensiero.
Il che, per un libro, è una gran dote.
Il tempo trascorso e raccontato sembra scorrere così con la lentezza di un ghiacciaio, stratificandosi geologicamente. Una sorta di lichene cronologico aggrappato alla roccia ma capace di graffiare le dita di chi vi cerca appiglio.