Si chiama “Pick”, cioè “presa, raccolta”. Ma a me, più che un pacchetto, sembra proprio un pacco ai danni degli appassionati di calcio o di ciò che ne resta di sportivamente sano, visto che ormai la maggioranza di essi è come un cane di Pavlov, ammaestrato e imbevuto di idee ad minchiam.
Il “Pacchetto Pick” riguarda i diritti tv sul campionato di serie A per il triennio di cui sopra, come riporta la gazzetta.it di oggi: “Nel bando per i diritti tv esteri del 2018-21, appena pubblicato dalla Lega, c’è il germe di una piccola, grande rivoluzione: per la prima volta il broadcaster (o l’agenzia) licenziatario avrà la possibilità di scegliere l’orario delle partite del campionato”.
In altre parole, un acquirente cinese o arabo che aderisse alla proposta potrebbe a suo capriccio decidere, in barba a qualsiasi logica sportiva e solo per ottimizzare l’audience, ossia i ricavi, di far giocare Juve-Napoli un giovedì a un’ora bislacca. Poi Inter-Milan un lunedì ametà mattina. E tutto il sistema, giocatori in testa è ovvio, dovrà adeguarsi.
Naturalmente ciò non nasce per caso e ha una sua anche condivisibile, perfino rigorosa logica commerciale, di cui gli ideatori del pacchetto non fanno alcun mistero.
Peccato che la logica commerciale non sia sempre la stessa dello sport e che, oltre certe soglie, esse diventino incompatibili. Con il risultato di trasformare lo sport, se si adegua, in un patetico circo planetario (come in buona misura peraltro già è).
La cosa strabiliante è che la gente lo accetti, anziché gettare in massa il telecomando e dedicare le proprie energie alle serie minori. Così i thailandesi potrebbero godersi i nostri derby in santa pace.