di LORENZO COLOMBO
Cannonau di Sardegna Nepente di Oliena 1998, Cantina Oliena: amato (ma solo per il profumo) da D’Annunzio, che gli dette il nome, è un vino che dopo 26 anni sorprende.
Il termine Nepente – che il greco antico significava “che toglie il dolore” – fu coniato nel 1922 da Gabriele D’Annunzio, noto astemio, che durante un viaggio in Sardegna si innamorò del profumo che quel vino emanava.
Il termine appare però per la prima volta nel 1909, sull’introduzione che D’Annunzio fece per l’edizione italiana del libro “Osteria, guida spirituale delle osterie italiane da Verona a Capri”, di Hans Barth.
A proposito di questo vino, che lui si limitò ad annusare, ma di cui suoi compagni di viaggio approfittarono copiosamente, il Vate così scrisse: “Non conoscete il Nepente d’Oliena nemmeno per fama? Ahi, lazo!” / Io non lo conosco se non all’odore / e l’odore, indicibile, bastò a inebriarmi”.
L’Oliena (o il Nepente di Oliena) è una delle tre sottozone, con Jerzu e Capo Ferrato, nelle quali può essere declinata la Doc Cannonau di Sardegna. Quella di Oliena è limitata al solo territorio del comune di Oliena e ad una parte di quello di Orgosolo, in provincia di Nuoro.
La Cantina Oliena è stata fondata nel 1950 da un piccolo gruppo di viticoltori per valorizzare il Cannonau.
Attualmente la produzione della cantina è suddivisa su nove etichette di vino, tre delle quali riportano il nome Nepente: Nepente di Oliena, Nepente di Oliena Classico e Nepente di Oliena Riserva Corrasi.
Il vino degustato è prodotto con uve Cannonau in purezza provenienti da vigneti situati nel comune di Oliena, il principale sistema d’allevamento è ad alberello e la resa massima per ettaro è di 60 q.li.
Dopo un’accurata selezione delle uve viene svolta la fermentazione in vasche d’acciaio con una macerazione sulle bucce di 10-12 giorni, il vino s’affina quindi in vasche di cemento e d’acciaio.
I presupposti alla degustazione di questo vino non sono stati molto favorevoli, la bottiglia presentava decisi segni di muffa sulla capsula e il livello del vino era sotto la soglia del collo della bottiglia, segno di perdita evidente di liquido. Tolta la parte superiore della capsula si è avuta la conferma di quanto si prevedeva, ovvero la parte superiore del tappo era per quasi la metà incrostata.
Il tappo è però uscito senza sforzo alcuno, anche se si presentava completamente intriso di vino e al naso dava segni di evidente evoluzione.
Versato però un piccolo quantitativo nel bicchiere non abbiamo riscontrato anomalie particolari, se non un’iniziale chiusura ed un colore decisamente evoluto, tendente al mattonato non molto intenso ed alla prugna cotta, con un’unghia ormai aranciata.
Decantato il vino, temendo notevoli residui, che in realtà non ci sono stati, si è notato all’interno della bottiglia ormai vuota il colore depositato nella parte inferiore della stessa (la bottiglia è rimasta per tutti questi anni in posizione orizzontale).
Ma passiamo all’assaggio. Il vino si presentava limpido. Discreta la sua intensità olfattiva, ovviamente i sentori percepiti sono di natura terziaria, sottobosco con foglie umide, radici, prugna in confettura, spezie dolci, fichi secchi, accenni di polvere di caffè.
Mediamente strutturato, ancora fresco (buona la sua vena acida) e sapido, sentori di radici, china, chiodi di garofano, prugne secche, leggeri accenni piccanti e note di frutta dolce, lunghissima persistenza.
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