Il governo offre a professionisti e partite iva un’elemosina, ops, un bonus, come va di moda dire, di 200 euro (due-zero-zero/00) e c’è pure chi va in fibrillazione per riscuoterli. Io mi rifiuto: prima ancora che per dignità, per amor proprio.

 

Noto un certo fermento, tra potenziali beneficiari (giornalisti inclusi), per l’ultima elemosina governativa dei 200 (due-zero-zero/00) euro concessa alle partite iva e ai professionisti.

Duecento euro?

A che pro?

Cosa spostano oggi duecento euro nelle tasche di un professionista, ma perfino di un disoccupato, o di uno studente o anche di un barbone?

Siamo sinceri: pressochè nulla.

Quindi non si vede quale sia il beneficio, se non l’ennesino e goffo tentativo di captatio benevolentiae soffiando fumo negli occhi a un popolo ormai talmente privo di prospettive e di spina dorsale da attaccarsi a tutto.

Non voglio nemmeno stare a scomodare paroloni tanto buoni quanto moralistici, tipo “dignità“.

Qui basta far capo all’amor proprio.

Quello in base al quale io (sebbene bisognoso, vi giuro, non meno di tanti altri stritolati da millant’anni di spremitura e da trenta mesi di caduta libera, nonchè di oblio governativo), mi rifiuterò di chiedere il “bonus”.

Se lo spendano per sè in medicine, o sui viali o in etti di mortadella.

Perchè mendicare un obolo così offensivo è perfino peggio che offrirlo.

Ho detto tutto.