Che l’Italia sia piena di “finti” si è sempre saputo. Che però fosse un sistema ramificato messo in grado di funzionare non dall’abilità degli ideatori, ma dalla pigra tolleranza e dal menefreghismo generalizzato è un po’ meno ovvio. Tanto poco ovvio che viene da chiedersi se non si tratti di una consapevole e dissimulata forma di socialismo.


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Dopo i cinquanta e passa ciechi scoperti a Napoli a leggere il giornale e a guidare la moto, ecco spuntare ora quattrocento malati di mente concentrati nello stesso quartiere partenopeo. Falsi anche loro, naturalmente. Milioni di euro spesi dallo stato in pensioni di invalidità non dovute, con danno di tutti. Centinaia di matti immaginari che hanno fornito documentazioni artefatte e si sono fatti riconoscere l’emolumento. Naturalmente dietro c’è sempre un “cervello” e talvolta un'”organizzazione criminale”, quasi sempre di “stampo camorristico”. Si mette giustamente in galera qualcuno (ci mancherebbe!), si dice bravo agli investigatori e il caso pare chiuso.
Nessuno si preoccupa invece di incidere il bubbone della vastissima rete di connivenze, accondiscendenze, fiancheggiamenti, omertà necessari affinchè il baraccone stesse in piedi e che va oltre gli stessi rei e gli stessi diretti responsabili. Quanti sapevano e hanno taciuto? Quanti sospettavano? Quanti avevano elementi di perplessità su queste strane pazzie e cecità concentrate nel raggio di qualche vicolo?
Si dirà: non si può incitare il prossimo alla delazione.
Forse no.
Ma è un delatore il funzionario che vede le foto dei ciechi probabilmente artefatte col fotoritocco? E’ delatore il postino, il vigile urbano, l’infermiere, il controllore che si accorge di consegnare la posta, multare, assistere, bucare il biglietto a un matto che palemente non sembra tale? E’ delatore il vero invalido che assiste alla truffa di un “collega” che simula?
Se vogliamo anche questa, senza essere propriamente detta, è complicità, connivenza. Una forma di assenteismo omissivo. Insomma omertà. Un po’ come quando il marito, cioè lo stato, è l’ultimo a sapere ciò che tutti sanno, cioè che è cornuto. Come quando l’impiegato sa che il collega assenteista fa timbrare il cartellino da un altro ma per quieto vivere non lo dice (e poi sciopera invocando l’assunzione di ulteriore personale perchè l’ufficio “non ce la fa” a sbrigare tutte le pratiche)..
E anche volendo buttarla in celia, riconoscendo l’insuperato genio dei napoletani nell’escogitare i trucchi più coreografici e creativi per sbarcare il lunario, resta la tristezza per un paese molle e per i chissà quanti casi meno grossolani, e quindi meno facili da scoprire, che certamente sono sparsi per il resto d’Italia. Magari meno eclatanti. Ma di infermi meno infermi di quanto dicano e invalidi meno invalidi di quanto dichiarano l’Italia è piena. E’ un’evidenza sotto gli occhi di tutti. Un’ipocrisia collettiva, che coniuga conformismo e opportunismo, doppia morale e furbizia, menefreghismo e moralismi, andando a inquinare anche settori intoccabili, come quello dei disabili (o diversamente abili, come oggi in un’orgia di eufemismi è di moda dire).
Lo annuncio pubblicamente: sto indagando sul caso di un atleta delle paralimpiadi che ha vinto la medaglia
in uno sport in cui l’arto per il quale è dichiarato disabile non è minimamente necessario. Fermo restando l’handicap, che nessuno discute, mi chiedo se sia bello, sportivo, corretto, decoubertiniano usare il trucchetto della disabilità per cercare gloria in una specialità in cui il difetto fisico è irrilevante. E mi chiedo se la sua partecipazione alle gare è legittima e se in tal caso è giusta la regola che lo consente.
E poi si dice che non siamo una nazione socialista. Ma chi è più socialista di uno stato che redistribuisce la ricchezza non per criterio ma per sinecura, a caso, avallando e consentendo le omissioni, giustificando e tollerando le incompetenze dei suoi funzionari, lasciando correre a priori su furbate, ruberie, astuzie nel nome di un malinteso senso della difesa della dignità del lavoro e delle mansioni, della professionalità, dei diritti acquisti mai abbastanza maledetti?
E, ciononostante, noi italiani riusciamo a barcamenarci.
Che riusciremmo a fare allora se si facesse piazza pulita di collusi, incapaci, nullafacenti, piagnoni e questuanti professionali?