Il rocker inglese è morto oggi. Una carriera da eroe di riserva condizionata da Woodstock, le cover dei Beatles, la droga e l’andropausa di “Ufficiale e Gentiluomo” e “Nove settimane e mezzo”. Ma in quel 1969, alla TV dei Ragazzi di mamma Rai…

Soundtrack: “She came throu’ the bathroom window“, Joe Cocker.

Lo conobbi quando il r’n’r nemmeno sapevo cos’era. Era il 1969, avevo 9 anni.
Era sua la sigla di apertura di “Avventura“, un programma della “TV dei Ragazzi” che andava in onda sul primo canale della Rai dalle 17 alle 18.30, la fascia del palinsesto dedicata allora agli adolescenti. All’epoca i bambini e giovanissimi non erano lasciati dei genitori a rincitrullirsi per ore davanti a un tubo catodico-baby sitter.
Assorbii quella versione cartavetrosa del classico dei Beatles con la inconsapevole naturalezza con cui, a quell’età, si assorbono le cose che ti prendono ma di cui non sai nulla.
Nel 1974, quando cominciai a capire qualcosa del r’n’r, Joe Cocker era un’ex stella in caduta libera. Distrutto dal dopo Woodstock. Il suo doppio “Mad dogs and englishmen” compariva però in tutte le “discografie ideali” ed in effetti meritava. Un classico. Pian piano di lui mi comprai tutto o quasi. Un grande interprete con una grande voce, un po’ monocorde.
Lo vidi dal vivo alle Cascine, a Firenze, per quella passata alla storia come la “Woodstock in Europe“: settembre 1979, una settimana dopo il famoso concerto di Patti Smith al Comunale. Non fu male, ma era circondato da un’allure da dinosauro, come certi altri reduci che si esibirono (Country Joe & The Fish, ad esempio) e lo ascoltarono tutti con un certo sussiego.
Un lustro di buio appena illuminato dal successo di “Up where se belong“, la soundtrack di “Ufficiale e Gentiluomo” e rieccolo al rilancio a metà anni ’80, gli anni dell’edonismo reaganiano, lui e Tina Turner sugli scudi di un rock orecchiabile (“Civilized man“), voci inconfondibili e un po’ fanè.
Poi la colonna sonora (“You can leave yor hat on”) del famoso spogliarello di Kim Basinger di “Nove settimane e mezzo” e il definitivo transito di Cocker, almeno per la testa di pubblico e critica, nell’empireo delle vecchie glorie.
Le cover beatlesiane (“With a little help from my friends“) gli donarono la celebrità e lo ingabbiarono forse per sempre. Rivisto troppe volte nei filmati woodstockiani. Il grande pubblico lo riconosceva più per quelle e per le sue mossette di braccia che non per la sua musica.
Oggi è morto di cancro al polmone.
Si accoglie la notizia come l’ammainamento di un’altra bandiera un po’ stanca.
E’ strano, aveva la faccia e la barba ispida da marinaio. Proprio come un lupo di mare, il Salty Dog della canzone dei Procol Harum che chiudeva “Avventura”. Immaginiamolo al timone allora, bello incazzato, mentre canta contro la procella invocando un piccolo aiuto dai suoi amici.