Memoria lunga, Bit corta. Ieri primo giorno della (fu) fiera. Ma gambe leggere rispetto a quelle di un tempo: ecco la trascrizione fedele dal diario fieristico del 1995, quando si viaggiava in intercity.

Dalle memorie della BIT 1995.

Primo giorno

6.58: treno fi-mi
11.30: arrivo a milano
12.00: arrivo in MM a Amendola/Fiera e assalto al bus navetta per destinazioni dai nomi surreali (Porta Carlo Magno, Gattamelata) tra orde ostili.
Equipaggiamento: cellulare formato giberna gr 600, con gancio alla cintura; per i principianti capaci e robuste borse a tracolla, resistenza fino a 30 kg di peso per cartelle stampa, depliant e gadget; per i più pratici: carrellino a ruote per la spesa sottratto alla mamma; per i più evoluti, trolley primordiale.
12.30: coda accrediti stampa e ingresso in fiera. Stridere di fax. Fotocopiatrici bollenti. Visita in sala stampa con telefoni gia’ occupati da ore dalle stesse persone che staranno ancora occupandoli all’orario di chiusura. Slalom tra miliardi di comunicati cartacei già sparsi sui tavoli.
13.00 deposito di cappotti, ombrelli (piove sempre) e borse momentaneamente in eccesso presso un espositore compiacente (il guardaroba istituzionale e’ al completo dalla notte prima).
13.15: primo appuntamento/buffet/conferenza stampa e primo kg di carta incamerato. Pietosa pantomima tipo “siamo tutti amici” mentre ci si piantano i gomiti nelle costole nel tentativo di accaparrarsi un vol au vent alla pizzaiola. Il mondo si divide in invitati sprezzanti e in non invitati imbucanti. Negli stand ribollono cucine degne di ristoranti stellati.
13.30: il cellulare e’ già scarico, per ricaricarlo ci vogliono 8 ore, con spine introvabili e insorvegliabili.
14.00: prosecuzione della transumanza a tappe forzate per conferenze stampa in posti introvabili, padiglioni occulti, ballatoi dispersi e sale dai nomi strani, con passaggi all’aperto e alternanza caldo/freddo da sauna finlandese. Accaparramento omaggistica. Steel band, Pippo e Pluto, ragazze-immagine variamente scosciate e stamburatori molesti deambulano senza requie per i padiglioni, producento il celebre effetto “sagra dell’Impruneta“.
18.00: chiusura fiera, ritiro cappotti e bagagli di 15 kg cartacei, più cappelli di paglia, pin, poster e lingue di Menelik ricevuti come gadget.
18.15: assalto alla navetta sotto pioggia battente in un traffico da girone dantesco. Per il peso, cede il manico del primo borsone, che viene messo sotto braccio.
18.45: fradici di pioggia e sudore si sale sulla navetta. Afrori vari. Effetto sardina su equilibrio precario. Corpo a corpo con scambi di colpi proibiti per raggiungere l’uscita prima che il mezzo riparta.
19.05: MM fino a casa/hotel. Cede il manico del secondo borsone, per il quale si sacrificano smadonnando i poster e il cappello di paglia.
19.30: brutale scarico nell’atrio di tutte le masserizie e corsa a prendere di nuovo la MM per andare a una o più delle 10/15 cene organizzate dai vari enti, di solito negli angoli più lontani, mal serviti, irraggiungibili di una citta’ che non conosci.
20.30: seduti con 15 colleghi, molti dei quali insopportabili, a un tavolo da 10.
20.45: inizio della conferenza stampa del ministro, prolusione da ostruzionismo parlamentare, proiezione di terrificante audiovisivo, intermezzi di danze folkloristiche e musiche assordanti.
22.00: inizio cena, conversazione a base di pettegolezzi e maldicenze.
22.45: arriva il risotto (immancabilmente allo champagne made in Zagarolo).
23.45: in attesa del secondo (qualcosa in crosta, as usual) gli ospiti esasperati e ribolliti cominciano a defluire.
24.00: ormai stremati, si rinuncia a qualsiasi parsimonia e si torna a casa/hotel in taxi.
00.30: inizio, seduti di solito sulla tazza del wc, del pietoso officio della selezione del materiale raccolto nella giornata. Dei 15 kg originari ne restano, alla fine, 8.
02.00: meritato riposo, con assopimento immediato.

Secondo giorno

7.30: sveglia e caffè, bocca amara e cerchio alla testa per cattiva digestione.
8.30-19.00: come il giorno 1, con accumulo di birre, cocktail, salatini, tartine, biglietti da visita, libri, souvenir e altri 15 kg di carta.
19.05: migrazione in MM per la stazione con bagaglio più borsoni (8 kg di ieri + 15 di oggi = 23 kg), si avanza nei tunnel trascinandosi come nella ritirata di Russia. Il treno, l’ultimo, parte alle 19.30. Ansia (giustificata) da imprevisto.
19.29: salita ansimanti sull’intercity, trascinando il bagaglio in un bagno di sudore. Piedi in fiamme, gambe dolenti. Tra le più orrende e pubbliche imprecazioni, cede il manico dell’ultima borsa. Abbandono sulla banchina di qualche kg di indispensabili cartelle stampa, fino a quel momento gelosamente difese.
19.40: parte il treno con il solito ritardo, ma non te ne accorgi perche’ appena seduto ti addormenti in crisi ipoglicemica.
20.40: si susseguono risvegli a cadenza oraria, in coincidenza con le fermate di Piacenza, Parma, Bologna, Prato.
23.30: arrivo a Firenze dopo aver eliminato brutalmente in treno altri 5 kg di carta superflua.
23.45: taxi introvabili
00.15: arrivo a casa.

Tutto il giorno dopo è dedicato alla selezione finale, trascrizione dei biglietti da visita, organizzazione dei “contatti“, messa a punto delle idee. Già, perchè a quei tempi, dopo la Bit, si viaggiava davvero. Altro che virtual trips.
Forse parrà il contrario, ma eravamo tutti più felici che in questa fiera da archistar, coi treni che arrivano in due ore e la MM che ti ci butta quasi dentro. Oppure eravamo solo young, restless and bored (cit.).