di URANO CUPISTI
L’appuntamento, galante ma platonico, coll’aurora boreale si materializzò nel 1999. A reggere il moccolo le camere igloo, un castello di ghiaccio, l’Arktikum, il Santa business di Rovaniemi e gli ossi di renna d’una divinatrice sami.
Sono ritornato nel Sápmi, cioè in Lapponia, nel dicembre del 1999. Anzi, direttamente nel cuore del Sápmi, a Inari. Perché avevo da tempo un appuntamento con l’aurora boreale.
Atterrai in un ambiente artico, dove il giorno non c’è e la notte dura ventiquattro ore. Ad attendermi la mia vecchia personale guida, Olav. Abbracci di benvenuto e di ben tornato con programma preparato ad hoc per me.
Prima esperienza: pernottare nelle camere igloo con il soffitto di vetro termico per osservare il cielo stellato mai così terso e presentarmi sdraiato all’appuntamento con lei, l’aurora.
Il fenomeno si forma a circa un centinaio di km sopra la superficie terrestre ed è causato da particelle elettriche “cariche” provenienti dal sole (il vento solare). Ma al di là dell’astrofisica, è lo spettacolo multicolore della “danza nel cielo” ad attrarci.
Osservarla al calduccio protetto da coperte di renna, se da un lato ha reso tutto molto comodo, dall’altro mi tolto un po’ di genuinità e mi ha fatto sentire anche molto “turista”. Ed ecco allora correre in aiuto Olav che, capita la mia perplessità, mi ha imbarcato sul suo 4×4 in direzione nord, dove luci si vedevano solo in lontananza. Nella “perfetta” notte artica, imbacuccati come non mai e appollaiati su cumuli di neve ghiacciata, con gli occhi all’insù, in attesa dei baleni di luce che improvvisamente arrivano e godersi il silenzio è stato in effetti qualcosa di unico, inimitabile. Gli unici rumori sono il suono del proprio e lo scricchiolio della neve sotto gli scarponi. Sulle note di Sibelius suonate a mente, le onde danzarono come magia: emozione pura. Così le volevo ammirare, grazie Olav.
L’Istituto Meteorologico Finlandese, in particolare il servizio Aurora Now, aveva previsto per due giorni di epifania. Ne conseguirono notti insonni nella landa artica, in compagnia di un thermos gigante di caffè finlandese, isolati dal mondo.
Giunse quindi il momento di visitare Rovaniemi e la casa di Babbo Natale, rivivere un po’ delle saghe lapponi e correre verso il Golfo di Botnia per l’esperienza sul rompighiaccio Sampo.
Olav mi lasciò andare dandomi un appuntamento due giorni dopo per visitare l’Arktikum, secondo lui la visita più “tollerabile” (il riferimento era verso il villaggio di Babbo Natale ed altri siti “disneyani” che lui apprezzava poco).
Di buon mattino partii in treno alla volta di Kemi, sotto il circolo polare, tornando a rivivere il giorno per poche ore. Non una luce alla quale siamo abituati, ma di un colore grigiastro che comunque ci rende più normali.
A Kemi c’è il castello di ghiaccio.
Mentre percorrevo le stradine ricavate nel fortilizio ghiacciato, facendomi largo tra torme di turisti chiassosi ed invadenti, ripensavo ad Olav, alla sua passione nel descrivere la filosofia Sami e la sua “insofferenza” di fronte a quel “tutto quanto fa spettacolo”. Come non dargli ragione?
Il Castello di ghiaccio di Kemi viene ricostruito ogni anno in modo diverso, con tanto di ristorante di ghiaccio (il più grande del mondo: immaginate il caos, avendo una capienza di 200 persone), una cappella di ghiaccio con celebrazione di matrimoni a raffica (basta sborsare un po’ di soldi e coppie già sposate si risposano) e naturalmente l’hotel di ghiaccio, dove consumare la prima notte di nozze.
Il rompighiaccio Sampo fu una delusione, del resto ampiamente annunciata da Olav. Dopo il mio viaggio al polo nord dell’anno prima con un rompighiaccio a propulsione nucleare, far parte di un tour dove perdere tempo in bagni in pozze tenuta a +1 di temperatura ) indossando tute termiche che ti fanno sembrare l’omino Michelin non fu il massimo. E pensare che la Sampo, prima di diventare una tourist-ship, aveva svolto per tanti anni la funzione per la quale era stata costruita: creare vie d’acqua a navi mercantili per raggiungere i porti del Baltico.
Feci ritorno a Rovaniemi senza parlarne con Olav anche se, con gli occhi da renna, blu nel periodo invernale, capì tutto dalle espressioni del mio viso.
“E ora, caro Uru, te ne vai da solo al Villaggio di Babbo Natale. Appuntamento a domani per l’Arktikum“, si limitò a dire.
Raggiunsi il Santa Village con il “Santa Express”. D’obbligo la foto con lui, Joulupukki, Santa Claus, Perè Noel, Papa Noel, San Nicola, Noel Baba o, come diciamo noi italiani, Babbo Natale.
L’osservai attentamente.
“Ma sì, tu sei il dipendente dell’ufficio postale di Rovaniemi“, esclamai in italiano.
Lui mi guardò senza batter ciglio, ma ridendo fragorosamente con la sua voce baritonale. Tutt’intorno elfi, letterine e le slitte con tanto di renne parcheggiate. Anche a non volerlo per qualche ora diventai bambino e la fantasia volò. Del Santa Park meglio non parlare: mi parve solo un outlet mangiasoldi dove passare il pomeriggio al caldo.
L’Arktikum è invece, al tempo stesso, un centro di ricerca e un museo dedicato alla conoscenza della natura, della cultura e della storia del nord. Aver avuto Olav come guida è stato alla fine l’elemento in più che mi ha permesso di entrare nel profondo delle tradizioni lapponi.
Cosa mi mancava a quel punto per concludere il viaggio in Finlandia? La visita alla sciamana, naturalmente.
Da quelle parti è consuetudine infatti, la notte dell’ultimo dell’anno, “ndare dalla sciamana per sapere “con certezza” il futuro per l’anno successivo.
Tutto da copione: la tenda sami con pelli di renna, il fuoco dentro e lei, la sciamana, nelle vesti tipiche. Sassi sacri misti ad ossi di renna, fatti cadere ai miei piedi a leggerne il significato. Pronta la traduzione scritta in italiano al prezzo di $ 40. Ma questo dettaglio l’avevo previsto anche senza sciamana.