Tra molte e forse superflue polemiche, la mostra “ANTICOnforme” dell’artista romana RABARAMA si è inaugurata oggi nel complesso di Boboli, a Firenze. Appaiati in una stessa cifra di lettura corpi, cellule e codici genetici che mettono in comunicazione il grandissimo e l’infinitesimo. Nel tessuto paradossale delle foto-ricordo.
Se, in verità senza sorprendere nessuno, il critico Luca Beatrice, curatore della 53° Biennale di Venezia, afferma – davanti ai giornalisti intervenuti ieri alla presentazione della mostra fiorentina “ANTICOnforme” (aperta fino al 30 settembre) dell’artista romana Rabarama, al secolo Paola Epifani – di ritenere le conferenze stampa “del tutto inutili”, io invece mi chiedo: le polemiche, la teatralità, il glamour sono davvero necessari all’arte contemporanea? La provocazione ne è solo una frequente se non immancabile appendice, un riflesso quasi pavloviano, o è una faccia ineludibile della contemporaneità, è entrata realmente a far parte del percorso creativo, del meccanismo espressivo del movimento, integrandone la cifra come una sorta di alone, di atmosfera, di strato di ozono dal quale alla fine l’arte stessa trae movimento e energia?
Impossibile non porsi la domanda, al cospetto della scia di velenosi battibecchi burocratico-personalistici tra l’artista e l’assessore fiorentino alla cultura, Giuliano da Empoli, che hanno preceduto e stanno accompagnando l’apertura di questa mostra.
Una mostra al tempo stesso affascinante e controversa, esposizione ed evento. In cui il molto grande e il molto piccolo, in un gioco di illusioni ottiche e di scala, sembrano cercare una sintesi. E in cui la figura umana, per certi aspetti simbolo dell’effimero nell’universo, assurge invece a sagoma ingombrante e spesso gigantesca, ma comunque ossessivamente e perennemente scandita, in un fuori che si proietta dentro, da codici microscopici, mappature interiori, reticoli cellulari, intrecci genetici e trame esistenziali.
Perché, pensandoci, sembrano davvero due i piani di fruibilità dell’operazione. Due, ma alla fine destinati a incontrarsi, a convergere. Da un lato quello scenografico e spettacolare legato alla vistosità delle opere e alla loro location, il quadrilatero stendhaliano del Giardino di Boboli, il Giardino delle Scuderie Reali, il Complesso delle Tagliere e Piazza Pitti, dove la monumentale sagoma Co-stell-azione ti accoglie piegata nella solenne posa fachiresca di una paciosa bestia pronta però a spiccare (con il corpo o con la mente?) il balzo verso di te e verso la città. Dall’altro quello intimo, interiore, tormentato, solitario, espresso dagli ossessivi labirinti impressi da Rabarama sui corpi, siano essi di marmo di Carrara, o di bronzo dipinto, o di carne umana (la mostra prevede parentesi di bodypainting), in una, immagino volontariamente, ambigua via di mezzo tra gli attualissimi e fragilissimi tatuaggi da calciatore e la profondità non solo fisica della scarnificazione rituale, coi suoi richiami tribali e ancestrali.
Rabarama, ci spiegano, in sanscrito significa “…segni divini o segni della divinità, nel senso che la rete di geroglifici, geometrie, puzzle e lettering con cui l’artista tatua le sue figure asessuate, altro non sono che i misteriosi simboli delle regole primordiali in cui l’umanità è eternamente imprigionata. Rispecchiano, per altri versi, le combinazioni, varietà e labirinti mentali in cui si materializza la multiforme complessità dell’io”.
Un’idea che le 30 opere sparpagliate a Boboli e dintorni restituiscono fedelmente, prestandosi a una scenografia in cui il turista curioso diventa segno e il corpo scolpito la cellula monumentale che lo accoglie.
Difficile stabilire se le polemiche siano il motore dell’entropia o le scorie tossiche di tutto questo.
Le Pagliere: viale Machiavelli 24. Orario: tutti i giorni 16,30 – 19,30. Ingresso: libero
Giardino di Boboli: Orario 8,15 – 19,30. Ingresso: € 7; ridotto € 3,5.
Giardino delle Scuderie Reali di Porta Romana: Orario: tutti i giorni 8 – 20. Ingresso: libero.