di ANDREA PETRINI
Ruffino Chianti Classico Riserva Ducale Oro 1982: spiazza grazie a una giovinezza sensoriale che non fa affatto trapelare l’età: naso impressionante per complessità ed eleganza, bocca vigorosa e avvolgente (grazie, Malvasia bianca!).

 

Nel mondo del vino non sono tanti i punti di riferimento ma, se parliamo di storicità, non possiamo non citare Ruffino, fondata nel 1877 a Pontassieve (FI). Azienda gloriosa che in oltre cento anni ha dato vita a molti grandi vini toscani.

Il più famoso di tutti è certamente il Chianti Classico Riserva Ducale e Riserva Ducale Oro, un vero e proprio “cult wine”.

Qualche tempo fa, per salutare il debutto ufficiale della nuova etichetta del Chianti Classico Riserva Ducale Oro Gran Selezione, l’azienda ha organizzato a Roma una verticale che ha attraversato cinque decadi di questo vino.

Se del resto la creazione del Chianti Stravecchio, all’inizio dello scorso secolo, consentì all’azienda fondata dai cugini Ilario e Leopoldo Ruffino di diventare fornitore ufficiale della Casa Reale Savoia, la nascita della Riserva Ducale nel 1927 e quella della sua evoluzione “Oro” nel 1947, le consentirono di ritagliarsi uno spazio nella storia della vitivinicoltura italiana.

La degustazione, che ha visto sette annate (1977, 1982, 1988, 1996, 2005, 2015 e 2018) è stata condotta da Daniele Cernilli, affiancato da Gabriele Tacconi, enologo di Ruffino.

Per questa rubrica ho scelto la 1982, un millesimo che per integrità gusto-olfattiva mi ha lasciato di stucco.

Questo Chianti Classico Riserva Ducale Oro (75% Sangiovese, 10% Canaiolo, 10% Malvasia e 5% Colorino) fu vinificato in tini di cemento vetrificato per circa 2 settimana. Seguì una macerazione post-fermentativa sulle bucce per altri 7 giorni. Al termine della malolattica, il vino trascorse un primo periodo di affinamento di 12 mesi in botti grandi di rovere di Slavonia da 80hl e poi un ulteriore affinamento in tini di cemento vetrificato.

Figlio di una annata abbastanza mite, il vino spiazza il degustatore per la sua giovinezza sensoriale, che non ne fa affatto trapelare l’età. Naso ancora impressionante per complessità ed eleganza. Si susseguono percezioni di the nero, timo, frutta rossa succosa, prugna, legno di sandalo fino ad arrivare a note di incenso e tamarindo. Al sorso il vino ha ancora energia, vigore, avvolgenza e, grazie alla spiccata acidità fornita dalla Malvasia bianca, ha ancora una schiena dritta e una persistenza che dall’agrume rosso vira verso percezioni speziate e di erbe aromatiche.

Al termine della verticale Andrea Sartor, presidente e amministratore delegato di Ruffino, ha dichiarato: “Abbiamo avuto la fortuna di poter apprezzare, a distanza di molti anni, vini realizzati grazie al lavoro di persone che erano in azienda prima di noi. Mi piace pensare che a distanza di oltre 40 anni si possa ancora parlarne anche perché qualcuno è stato in grado di custodire i terreni e l’ambiente nei quali erano stati prodotti”.

 

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