Non so come andrà a finire la vicenda Soumahoro e mi astengo da qualsiasi giudizio in merito.

Ma il fatto che, trovandosi nella necessità di difendersi pubblicamente e nel comprensibile, concomitante bisogno di utilizzare argomenti capaci di convincere l’uditorio, qualcuno evochi valori surreali come il “diritto alla moda” e il “diritto all’eleganza”, oltretutto in un contesto in cui si parla di migranti, lavoro, distrazione di fondi etc, la dice lunga sulla deriva anche dialettica intrapresa dalla società in cui viviamo. Nella quale la sistematica elevazione a valore di cose che ne hanno poco o punto finirà, esaurito lo scopo immediato, per svuotare dal di dentro il puntello stesso di ogni discorso, ossia la legittimità del diritto a qualcosa.