di STEFANO TESI
Spunta la ricetta dell’antenato per fare il vino “alla francese”: Sangiovese, Mammolo e Malvasia Bianca. E loro, i conti Capponi, la provano. Nascono così 333 magnum solo per famiglia e per beneficenza. Così anche la mia boccia andrà all’asta. O a una cena IGP.

Ho conosciuto Niccolò Capponi – sì, uno dei discendenti di quello che “voi suonerete le vostre trombe, noi suoneremo le nostre campane” – nel lontano 1978, mentre, davanti a un piatto di fagioli, era intento (ipse dixit) in una seduta di meditazione trascendentale sui tarocchi.
Fu una sintonia istintiva e subito divenimmo compari di memorabili bisbocce enoiche.
Poi conobbi sua sorella Tessa e suo fratello Sebastiano, che oggi segue l’avita fattoria di famiglia di Villa Calcinaia, a Greve, dove si produce ottimo Chianti Classico.
Da bravo storico e cultore delle tradizioni familiari, anni fa Niccolò scartabellava tra i volumi della Biblioteca Riccardiana di Firenze, quando si imbattè nel libello fatto stampare nel 1613 da un suo antenato e quasi omonimo, il capitano Niccola Capponi: “Modo di fare il vino alla franzese secondo l’uso de’ migliori paesi di Francia“.

Da lì a far planare sul tavolo di Sebastiano il volumetto, il passo fu breve. E il messaggio chiaro: proviamoci.
Vai, mancava l’archeoenologia alla serie di attività infruttifere con cui già ci dilettiamo“, fu il primo pensiero del paziente consanguineo. Il quale però non valutò nemmeno un attimo se opporsi, sia perchè convinto che questi progetti fossero, almeno nel lungo termine, utili, sia perchè “gli anni passati a studiare i classici greci e latini mi avevano fatto capire i meriti dello stoicismo“.
La prima parte del lavoro fu dedicata alla selezione dei vitigni necessari per la produzione dell’antico vino, ricerca non difficile perchè, per fortuna, “avevamo preservato nel tempo il nostro genoma aziendale“, prosegue Sebastiano. La Malvasia Bianca proviene da un’area in cui era stato ripropagato il materiale dei vecchi vigneti. Il Mammolo e il Sangiovese provengono invece da terreni non profondi e austeri.
La prima vinificazione (“con una certa apprensione, lo ammetto“) è stata fatta nel 2011, seguendo alla lettera la ricetta di Niccola Capponi.
ll mosto, appena iniziata la fermentazione, è stato tenuto a contatto con le  bucce per circa 30 ore per poi essere separato ed aver continuato la fermentazione in un tonneau da 500 litri chiuso da un sasso con sotto una foglia di vite, allo scopo di consentire alla schiuma di uscire e al vino di spurgarsi. La fermentazione è durata circa una decina di giorni con qualche raro batonnage per rimettere in circolo le fecce. Finita le fermentazione il vino è stato travasato ed ha completato l’invecchiamento nel medesimo tonneau ove aveva svolto la fermentazione.
I risultati? Sorprendenti, giurano. A cominciare dalla fissazione del colore. E, in bocca, con uno stile antico nel quale Sebastiano ha ritrovato certi gusti perduti. Gli stessi che erano di Paolo Mini quando, nel 1596, descriveva il vino di Niccola: “Quei vini che il signor Capponi fa alla francese dalle medesime vigne sono più saporiti, più possenti e men coloriti de’ fatti alla fiorentina“.
L’operazione, ripetuta nel 2013, ha generato 333 magnum, riservate unicamente alle occasioni familiari e alle aste benefiche sparse per il mondo, dove di norma il prezzo di aggiudicazione è quello del nome del vino: 1613 unità monetarie del paese che ospita l’incanto (le sedi più recenti sono state Varsavia e Detroit).
A questo punto vi chiederete “di che sappia” questo vino.
Beh, non lo so neppure io perchè la bottiglia che ho ricevuto in prova è ancora intonsa. Ma la storia in sè era talmente bella che poteva essere raccontata anche da sola.
La mia magnum sarà invece messa all’asta a sua volta, sempre per beneficenza in una futura occasione. Oppure, se sottoscriveranno una quota benefica, condivisa coi compari dell’IGP. Così avremo  una degustazione collettiva di cui dar conto.

Conti Capponi – Villa Calcinaia
Via Citille 84, Greve in Chianti (Firenze)
Tel. 055 853715
www.villacalcinaia.com

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