Quelli che al Vinitaly…Dopo la consueta tre giorni, ecco una galleria di soggetti e di comportamenti che hanno animato, nel bene e nel male, i padiglioni della fiera.

Quelli che non ti salutano. Androne dell’ufficio stampa, lunedì mattina. Gruppetto di alcuni colleghi che cazzeggiano. Arriva un altro collega e amico (o ex tale?) che, pur conoscendoci tutti e passando a due metri di distanza, ci ignora fingendo di non conoscerci. Orbo a primavera?
Quelli che non ti riconoscono. La sera prima si presentano, baci & abbracci, brindisi vari, sentiamoci, vieni a trovarmi, ti aspetto. La mattina dopo ti guardano stralunati, ti fissano per un po’ e poi ti chiedono: ma ci siamo già visti? Pr per caso.
Quelli che non gliene frega un tubo. Ti affacci allo stand, chi lo presidia è ipnotizzato dalla F1 sull’ipad. Primo colpo di tosse: nulla. Colpetto più forte: nulla. Colpo di tosse francamente produttiva da fumatore di catrame: Nulla. Della serie: il vino è mio e me lo bevo tutto io.
Quelli che c’ho da venderti qualcosa. Per pura cortesia, o magari per reale interesse, ti accomodi allo stand. Come un boa constrictor, il titolare ti agguanta e pretende di farti assaggiare solo quello che vuole lui, costringendoti a commentare come vuole lui. Torquemada.
Quelle che guardami le cosce. Quinta di davanzale, camicetta senza spalline da cameriera di oktoberfest, minigonna inguinale, tacco 15 da pornodiva, gamba accavallata sullo sgabello, telefonino messaggiante in mano per scrivere agli amici: qui tutti mi guardano le cosce, che maiali. Pornowine.
Quelli che volevo essere un banchiere (ma sembro un bancario). Grisaglia scura, pantaloni a sigaretta, camicia bianca, cravatta monocolore (spesso celestina), nodo moscio stile impotentia coeundi, francesina nera dalla punta rialzata modello Pippo o Ali Babà. Pittitonto.
Quelli che io vado in campeggio. Non sentono ragioni: all’ora della pappa tirano fuori il panino e si accampano per il picnic. Pazienza se invece del prato c’è l’asfalto e invece dell’albero il cemento dei padiglioni. Déjeuner sur l’asphalte.
Quelli che senza internet. Alle 8.30 si fiondano in sala stampa (“così i pc sono liberi”) e, conquistata la postazione, la occupano fino alle 13 per: scaricare la posta, cazzeggiare su FB, leggere Corriere e Gazzetta (sexygalleries comprese), aggiornare il blog, scrivere email sconce all’amante e stampare le 312 pagine della tesi del figlio sulla stampante della fiera. Cablati in testa.
Quelli che non hanno nulla da fare. In fiera ci stanno e ci vanno come sul corso: a fare lo struscio. Si aggregano a capannelli parlando di nulla e ostruendo tenacemente il passaggio di chi ha fretta. Cazzofacenti avvinazzati.
Quelli che lavorano. Grazie al cielo esistono e sono tanti. Cerchio alla testa, gambe doloranti, tracolla da scoliosi, fronte imperlata. Diolibenedica.
Quelli che fingono di lavorare. Hanno il pass per i giorni riservati agli operatori, ma alle 11 già ondeggiano, schiamazzano, cazzeggiano, starnazzano, sbevazzano, importunano e ruttano. Per loro il Vinitaly è un’ombra che dura tre giorni. Ineliminabili ma da abbruciare.
Quelli che gli orari. Al Vinitaly, si sa, rispettare orari e appuntamenti è impossibile. Quindi o se ne prende atto, o si rinuncia alla puntalità. Poi però ci sono quelli che la puntualità la pretendono dagli altri, pur essendo loro sempre in ritardo. Cronostrabismo.
Quelli che io sono originale. Slogan bislacchi, umorismi involontari, allestimenti grotteschi, steel band & brass band, misees impresentabili, kitsch allo stato brado. La peggiore secondo me: l’orchestra chiassona e ambulante che ha assordato tutti nel pad. 7. Dicono fosse di Farinetti. Assorditaly.
Quelli che io volo. La fiera chiude alle 19, col casino del traffico per uscire ci vuole un’ora, ma loro ti invitano a golosissimi aperitivi in centro alle 18 e insistono perchè uno vada, offendendosi però se arrivi trafelato o in ritardo (l’opzione non-ci-vado non è contemplata, anche se poi molto praticata). Elicotteromuniti.
Quelli che io ti rapino. A loro l’ex ministro Visco gli fa un baffo. Durante la fiera, con epicentro in piazza Bra, come il moto ondulatorio di un terremoto, nel raggio di 50 km da Verona i prezzi di hotel, pensioni, locande e topaie raddoppiano. Aumenti tellurici.
Quelli che io faccio come il Baglioni. A prezzo di dolorose cronoeconomie su impegni e appuntamenti ti ritagli un’oretta tutta per te e scopri che alle 15 del mercoledì qualcuno ha già sbaraccato. Bravi! Ah: chi imita il Baglioni sono quelli che si levano dai…