Siamo fuori dai Mondiali nei modi che sappiamo. Figura barbina, miopie preannunciate, lacrime e ira. In casi come il nostro costernazione e dileggio sono, secondo i punti di vista, inevitabili. Francesi, tedeschi, spagnoli ora fanno il tiro al bersaglio. Spesso, però, a guardare in casa altrui viene da chiedersi da che pulpito venga la predica. Non solo perchè, alla fine, la vincitrice sarà una sola, ma perchè agli altri le disgrazie capitate a noi capitano altrettanto, se non più spesso. Ad esempio…

FRANCIA: con la loro tragicomica spedizione riescono ad offuscare la pur adamantina figura di guano dei nostri. Galletti indicibili: non solo bolsi, vecchi, viziati e “finti” (non sarà politicamente corretto, l’avrà detto già Calderoli, ma aldilà della colore della pelle la metà dei giocatori di Domenech di francese ha solo il passaporto e per di più acquisito di recente) in campo, ma pure anarchici, delatori, infidi, patetici e presuntuosi fuori. Modesti anche a livello di club, restano una squadra tradizionalmente di mezza tacca (hanno vinto tanto in un decennio perchè hanno avuto la fortuna di avere una generazione di grandi calciatori, ma prima e dopo era e rimane un deserto), riescono a fare della propria eliminazione un caso di stato di cui tutto il mondo ride pazzamente. Il loro simbolo è il ct: si atteggia a Napoleone e invece è Alvaro Vitali.
GERMANIA: intanto devono vedersela con l’Inghilterra e potrebbero volare fuori presto anche loro. L’involuzione italiana loro l’hanno vissuta dieci anni fa: un gioco e una squadra fatta di mediani senza genio, dove lo spirito guerriero non sempre basta. Nel 2006 sono riusciti, come noi nel ’90, a perdere un mondiale in casa che pareva tagliato su misura. Con l’aggravante che l’hanno perso però proprio contro l’Italia. A livello internazionale pesano meno di noi e hanno pure perso la finale di Champions con l’Inter. Forse sono astiosi perchè, di norma, da noi le prendono quasi sempre.
SPAGNA: aver vinto il campionato europeo due anni fa dopo aver perduto per millenni tutto il perdibile ha forse fatto smarrire alle presunte furie rosse il senso delle proporzioni e dell’equilibrio. A livello di nazionale, insomma, sono dei parvenu che, indossando la croce di cavaliere, credono di essere alla pari con il principe di Salina. Hanno una buona squadra sulla carta, ma hanno perso all’esordio e poi non hanno brillato. Vediamo che succede agli ottavi. Intanto il Real miliardario ha fatto in Europa la figura che ha fatto e la costosa pelle del Barcellona campeon giace grinzosa nella teca di Moratti.
INGHILTERRA: sarà per la grande paura, sarà perchè in termini di poche vittorie sono i parenti stretti degli spagnoli, sarà perchè vengono da un quasi cinquantennale digiuno, sarà perchè l’unico titolo lo rubarono in casa nel ’66 con famoso gol fantasma e di esclusioni al primo turno ne hanno provate parecchie, i britannici paiono più concentrati sulle fortune loro che sulle disgrazie altrui. Saggio atteggiamento. Anche perchè con la Germania è un 1-X-2 fisso e sbilanciarsi oggi potrebbe costare caro a breve. Forse a frenarli è Capello, uno che la sa lunga sulle debolezze caratteriali dei giocatori.
OLANDA: la sobrietà dei loro commenti è apprezzabile. Giusto, del resto, per una nazionale che da sempre è sulla soglia della gloria e poi regolarmente si ritrova nella polvere. La squadra è forte e, scansata l’Italia, potrebbe andare lontano. Del resto le delusioni insegnano e in questi casi la prudenza non è mai troppa.
BRASILE e ARGENTINA: sarà perchè sono di un altro continente e la lontananza non aiuta le rivalità scioviniste, sarà perchè sono latini e ben conoscono il peso emotivo delle sconfitte e delle delusioni, sarà perchè ne hanno provate tante (la finale persa dal Brasile in casa con l’Uruguay nel ’50 è una ferita tuttora non rimarginata nell’orgoglio nazionale), ma mi sembra che l’eliminazione dell’Italia sia stata accolta più con stupore che con compiacimento. O forse è solo una questione di fuso orario?
ITALIA: sì, ci metto anche l’Italia, paese dall’inguaribile sindrome autofustigatoria e dall’inclinazione melodrammatica insuperabile. Ieri sera in TV ho sentito cose inenarrabili: discettazioni sul declino del “sistema-paese” dimostrato (come? Boh!) dl fallimento degli azzurri, litanie sulle inevitabili responsabilità di Berlusconi nella catastrofe, i ricorrenti discorsi da bar sulla “mancanza di impegno di campioni viziati e superpagati”, arzigogolate analisi sociopsicologiche tendenti a dimostrare la nostra inferiorità caratteriale. I discorsi più intelligenti, mi dispiace dirlo, li hanno fatti alcuni ex giocatori fotografando, senza sociologie, la realtà tecnica: il fallimento è il frutto della scellerata combinazione tra la scelta di giocatori sbagliati o finiti, l’esclusione di giocatori giusti e una impostazione tattica che sarebbe stata praticabile con i secondi anzichè con i primi. Comunque una cosa è certa: il miglior simbolo della tristissima Italia pedatoria è stato rappresentato in TV dal grottesco duo Galeazzi-Costanzo, quest’ultimo con inamovibile sciarpina geriatrica al collo, impegnato a blaterare sconclusionate banalità con voce impastata. Altro che Linda Santaguida, altro che Salvatore Bagni. I veri bolliti erano loro. Che vadano a Dubai con Cannavaro, così ci derideranno anche nel Golfo…