La notizia me la dette al telefono Ernesto de Pascale la mattina del 9 dicembre 1980, a poche ore dall’omicidio avvenuto alle 23 (ora di NY) del giorno prima. Erano i nostri radio-days, agimmo di conseguenza. Quarantacinque anni dopo, tutto suona molto diverso.

 

Se la memoria non m’inganna, erano più o meno le 10 di mattina di martedì 9 dicembre 1980 e io stavo preparando la scaletta della mia trasmissioneNigthout” su Radio Luna Firenze, che andava in onda quella sera, come tutti i martedì e i giovedì dalle 21 alle 23, dagli studi al terzo piano di via delle Conce.

A quei tempi le notizie circolavano molto lentamente rispetto ad oggi. Le leggevi sui giornali del giorno dopo o le sentivi al TG. Ma sulle prime pagine non avevo notato nulla e non avevo acceso la tv, tutto preso dai miei dischi.

Squilla il telefono. E’ Ernesto De Pascale. Ci alternavamo ai microfoni e al giradischi della radio: lui e Stefano Loria trasmettevano il lunedì e il mercoledì alla stessa ora.

Senza preamboli, mi fa: “E’ morto John Lennon“.

Io, incredulo: “Cosa? E come?“.

E lui: “Gli hanno sparato“.

Rimasi senza parole, dicendo solo “Non ci posso credere“.

Io trasmetterò le sue canzoni per tutta la notte“, mi disse. E lo fece.

Non c’era bisogno di aggiungere altro.

Questo è come appresi della morte dell’ex Beatle. I quotidiani dettero la notizia la mattina dopo, il 10 dicembre. Mark David Chapman aveva fatto fuoco davanti al Dakota Building di New York poco prima delle 23, quando in Italia erano quasi le 5 del mattino e i giornali già in viaggio verso le edicole.

Non amavo particolarmente Lennon, che mi era pure antipatico. Avevo seguito con qualche fastidio la fibrillazione, a mio giudizio eccessiva, precedente all’uscita del suo nuovo, annunciatissimo disco, “Double fantasy“, avvenuta qualche settimana prima. E il doppio lp non mi aveva entusiasmato.

Però, cribbio, era Lennon. La stagione delle tragiche morti precoci del rock and roll pareva chiusa da un decennio e lui era troppo giovane per morire. Nessuno era preparato. Nessuno poteva immaginarlo.

E invece andò così. Ernesto e Stefano fecero da par loro la nottata radiofonica.

Io mi riascoltai i suoi dischi, riconobbi ancora una volta l’importanza della sua figura, ma non cambiai idea sulla sua produzione solista.

Succedeva quarantacinque anni fa.

Nelle more sono scomparsi decine, anzi centinaia dei principali musicisti di quella stagione. La musica come l’abbiamo conosciuta in quella stagione è stata metabolizzata, in certi casi ridimensionata, in altri (come nel mio) semplicemente storicizzata. E’ un’epoca che va sottratta alla cronaca, alle emozioni senili e ai banali ricordi, va affidata allo studio critico. No, nessuna revisione. Nessun declassamento. Ma anche basta con gli adesivi catarifrangenti da appiccicare sull’Ape, sul motorino, o sulla home page di FB.

No mind games.