di FEDERICO FORMIGNANI
Il ricettario del medico bizantino Àntimo, ambasciatore dei Goti presso i Franchi tra il V e il VI secolo, è una fonte gustosissima di credenze gastronomiche (“la carne di gru dà malinconia“), prescrizioni alimentari e lingua latino-barbarica.
Sono poche le notizie storiche che riguardano questo greco di nobile stirpe, vissuto nel V secolo alla corte di Bisanzio, regnante Zenone (491 d.C.). Divenuto un apprezzato e autorevole medico, nell’anno 481 – tradito dal romano Zenone – si vede costretto a fuggire per trovare protezione a Ravenna al seguito del giovane Teodorico. Ma il destino di vita e la fama di Àntimo avranno una diversa sede ancora: verrà infatti nominato dal sovrano ostrogoto (che apprezzava in lui doti quali la freddezza, la precisione e la capacità d’analisi) diplomatico e ambasciatore dei Goti presso Teodorico Strabone, detto il Grande Teodorico di Metz, re dei Franchi. Àntimo morirà nell’anno 534.
La figura del bizantino viene ricordata soprattutto perché il suo nome è associato al manuale di dietetica “De observatione ciborum ad Theodoricum regem Francorum epistola”, scritto in latino nell’anno 511; un documento importante di letteratura gastronomica, l’unico dell’alto medioevo giunto fino a noi. Si tratta di una sorta di ricettario in cui l’autore fornisce informazioni molto dettagliate su come sia possibile seguire un’alimentazione salutare e gustosa, evitando gli eccessi a tavola e nel bere. Sono ricette di tipo culinario accompagnate da altre di tipo curativo, con le quali attesta l’evoluzione della cucina greco-romana dell’area mediterranea, nel momento in cui viene in contatto con le nuove genti provenienti dall’Europa del nord: specie Ostrogoti e Franchi, presso i quali è stato a lungo diplomatico.
Tra le curiosità, è possibile scoprire come Àntimo raccomandi con premura maniacale la cottura dei cibi, perché considera tale pratica legata alla buona salute. Secondo il medico bizantino, la cottura rende più digeribili i prodotti della terra, depurandoli da sostanze nocive o velenose, a cominciare dal pane, fatto con frumento lievitato e ben cotto anziché quello in uso presso le tribù barbare, di farina d’orzo o di spelta. Inoltre, il medico parla di piatti di carne esclusivamente bovina, bollita a lungo con aromi e vino. Viene menzionato anche il pollame e la piccola selvaggina, da cuocere allo spiedo; indispensabile era ritenuta invece la bollitura per tutti i legumi come fave, ceci, fagioli e lenticchie, così come i frutti acerbi e le uova, da scottare in acqua tiepida. Il medico-ambasciatore suggerisce poi degli accostamenti di sapore tipicamente mediterraneo come l’agrodolce, ottenuto con l’accostamento di aceto e miele, che si ritrova anche nella preparazione dell’antico e diffusissimo idromele, noto come “bevanda degli dei”.
Àntimo era medico molto attento nel proporre cibi e ricette: si preoccupava che l’alimento fosse gradevole al palato e nel contempo sano per il corpo, non dimenticando di metterne alcuni all’indice.
Tra questi, il famoso garum (salsa di pesce) forse perché più difficile da preparare a Metz, località meno calda di Roma o di Ravenna. Tra le carni, sconsigliava quella di gru perché genera umori melanconici; parlando di cacciagione, attenti a mangiare gli storni che, è noto, amano la cicuta più di tutte le altre erbe e per tale motivo diventano pericolosi per gli umani. Passando al pescato, continua Àntimo, non se ne parla di cuocere le murene, perché hanno carne cattiva, producono umori pesanti e sangue nero! Stesso discorso per le ostriche che, oltre tutto, puzzano. Il medico raccomanda poi di non mangiare funghi in genere, indigesti come l’alloro anche nel caso venga condito con aceto. Particolare attenzione, infine, ai ceci che vanno mangiati ben cotti; se crudi, danno forte meteorismo, cattiva digestione e corruzione del ventre. Tutti consigli, questi, elargiti utilizzando un linguaggio figlio del suo tempo di transizione: il De Observatione Ciborum è scritto infatti in una specie di latino barbarico che impiegava vocaboli latini, bizantini e goti: ad esempio la polenta d’orzo, piatto latino, diveniva fenea per i Goti e àlfita per i bizantini.
Àntimo elenca infine alcuni cibi dotati di particolari proprietà terapeutiche, a cominciare dal lardo (del quale i Franchi erano ghiottissimi); inoltre, una fetta di lardo messa sulle ferite in suppurazione, precisa il medico, fa miracoli, mentre le mele cotogne cotte combattono la dissenteria. Attenti al fegato di maiale fritto: non fa bene né ai sani né ai malati, al contrario dei fichi della Caria (Grecia) gustosi e adatti a contrastare il catarro. Deliziosi sono invece i trucanti (pesciolini) sia fritti che arrostiti, accompagnati da birra fredda, o da idromele, più miele che acqua. Àntimo raccomanda di cuocere bene le carni: vapore, graticola, spiedo, arrosto o lesso e di fare largo uso di condimenti: sale, pepe, aceto, ossimello (miele e aceto) olio, agresto (mosto d’uva, aceto e spezie), coriandolo, aneto, zenzero, appio (sedano) finocchio, chiodi di garofano. La cultura e la raffinatezza del medico bizantino saranno senza dubbio emerse nelle tertulie: riunioni conviviali nelle quali si conversava e il ballo era escluso.