Dopo vent’anni torni in un luogo dove ormai in pochi vanno. Ti guardi intorno. E hai la sensazione che nulla potrà strappare da lì quei silenziosi abitanti. Anche se le loro case non ci sono più e se nessuno, ormai, li ricorda.

Tutti abbiamo una nostra Spoon River.
La mia è a un paio di chilometri da casa, in cima a una collinetta. Un piccolo cimitero in mezzo al nulla. Lontano dal paese a cui appartiene e lontano dalla chiesa che lo officia. Deserti ambedue. Stranezze apparenti di una geografia scomparsa, quella della campagna e delle relazioni tra i luoghi che la popolavano.
Non andavo al cimitero di Monte Sante Marie da almeno vent’anni, anche se tutti i giorni ci passo davanti almeno un paio di volte. Non avevo motivo per andarci. Nessuno dei miei è sepolto lì. Però ci sono sepolte molte dellle ombre che mi aleggiano intorno.
Allora, ieri, mi sono incamminato lungo la breve salita che porta la cancello, semiaperto e cigolante tra due cipressi. La porta della cappella, dove una volta stava il catafalco a ruote coperto di drappi neri, era spalancata. Qua e là qualche malconcio fiore finto, parecchie erbacce e un piano altalenante di lapidi sbilenche, croci rugginose, lumini spenti da tempo immemorabile.
Eppure questo non è un cimitero abbandonato. Manca la gente che muore e quindi mancano le nuove sepolture. I visitatori sono sempre più rari. E più vecchi. Ma ci sono.
Di parecchi dei suoi abitanti, scavando nei meandri della memoria, potrei raccontare la storia, ricostruire le parentele, rievocare gli aneddoti. Dentro alle iscrizioni nascoste dal muschio si intuiscono le date, i nomi, gli epitaffi. Gente dimenticata quasi da tutti tranne che da me e pochi nostalgici, foto sbiadite e inquadrature d’altri tempi, sepolture povere e non solo perchè modeste. A nessuno dei discendenti, decenni e a volte secoli dopo, importa più nulla di quei remoti volti da contadini, di certi bisnonni e leggendarie prozie.
Ma la sensazione è che nulla, finchè sono lì, potrà recidere le radici che li legano ai luoghi.
Mi chiedevo allora chi mai avrà il coraggio di sopprimere questo malandato, inoffensivo e ormai quasi inutile camposanto. Talmente defilato da sfuggire perfino alla vista dei burocrati. Il camposanto dimenticato di un paese fantasma, su cui sovraintende una pieve derelitta.
E’ come se i morti ne fossero gli involontari pretoriani. Invisibili e invincibili.
Oltre che a Edgar Lee Masters, piacerebbero a James Lloyd Carr.