Finché non l’ho letto e riletto, nero su bianco, ho pensato che non fosse vero, o di aver capito male. Invece no, era verissimo: l’università Bicocca di Milano ha cancellato un imminente corso dello scrittore Paolo Nori su Dostoevskij “in quanto” russo.
Avete letto bene: Fedor Dostoevskij, quello di Delitto e Castigo, L’Idiota, eccetera.
Non so come chiamarla: censura etnica? Censura cosa?
No, a ben pensarci non è censura.
È solo l’ennesima espressione del babbaleismo italiano, ovverosia quella micidiale miscela di conformismo, ignoranza, massimalismo, manicheismo e stupidità – ma sì, diciamolo – che impregna il nostro popolo. O da cui il nostro popolo accetta di farsi impregnare, il che è lo stesso.
Una soglia di ottusità che, se le circostanze internazionali non fossero tragiche, avrebbe superato da un pezzo quelle, doppie, del ridicolo e del sopportabile.
Anche perché viene da istituzioni culturali, mica da un circoletto di periferia.
Ora si attende la messa al bando dell’insalata russa (“tiè, Putin, beccati questa”), il divieto di russare e l’obbligo di ribattezzare chi si chiama Vladimiro.
Ci inghiottiremo da soli, altro che atomica.
PS: alle 11:53:55 di oggi esce la seguente notizia: UCRAINA, RETROMARCIA BICOCCA SU DOSTOEVSKIJ: la rettrice Giovanna Iannantuoni dichiara che si è trattato di un malinteso (malinteso?!?) e che incontrerà lo stesso Nori la prossima settimana «per un momento di riflessione» (una fiaccolata, un sit in, un bed in?). Quel malinteso chiamato conformismo, tradottosi in una coprofigura internazionale. Evviva.