Alta Fedeltà sta per compiere 10 anni, passati nel proverbiale battibaleno e transitando attraverso migliaia di articoli, cronache, commenti, viaggi, assaggi, riflessioni, spigolature professionali e non.
Eppure, dopo quasi centoventi mesi, ci sono ancora due domande alle quali non so rispondere.
La prima: cos’è Alta fedeltà?
Per forma, sostanza, regole osservate e spirito è una testata giornalistica. Regolarmente registrata, si capisce.
Per tipo di azione è un blog parzialmente multiautore: dove cioè scrivo prevalentemente io, ma ospito ogni tanto i contributi di altri. E’ anche multitematico, parla cioè di molte cose insieme, a volte contemporaneamente e ciò, mi dicono i guru della materia, non aiuta le visite perchè il web insegna che per avere tante visualizzazioni occorre essere monotematici e rivolgersi, con sommo studio, a chi è interessato ai singoli argomenti. Diciamo che la questione mi interessa poco, visto che di fare “ascolti” non mi è proprio mai importato (sì, in tal senso sono molto snob, lo ammetto).
La seconda domanda è anche quella che da un po’ mi fanno in tanti: perchè scrivi meno di prima?
La risposta è difficilissima.
Un po’ perchè in parte non è vero che scrivo meno di prima, ma scrivo in modo diverso (a tale scopo è nata la rubrica “Colpi d’ascia“, che rimbalza anche sulla mia pagina FB). In parte perchè è vero, ma spiegare come mai è complesso. Molto in sintesi, mi viene da dire che, considerati i miei punti di vista e i miei interessi, ci sono sempre meno argomenti da affrontare in modo da non suonare come le solite, giuste ma prevedibili geremiadi.
Col giornalismo siamo al de profundis, che altro si può aggiungere? La professione è regredita di anni luce, sopravvive appena, non si sa per quanto e i suoi destini non sono più in mano di noi giornalisti. Si resta tali, diciamo, fino a esaurimento delle scorte.
Quanto ai viaggi e al viaggiare, il mondo è ormai una sorta di carta geografica dove la gente pianta una bandierina per dire “ci sono stato“, tanto oggi chiunque con due soldi può andare quasi dappertutto. Ed è sovente tanto inconsapevole della propria ignoranza al punto da pensare che, per capire o peggio ancora commentare lo spirito dei luoghi, basti averci fatto uno scalo aeroportuale.
Vino e cibo? Siamo ovunque ammorbati da dilettanti grafomani convinti di intendersene e che magari, talvolta, se ne intendono davvero, ma non hanno idea di cosa voglia dire fare informazione e si comportano da fans, cioè in pratica fanno marchette gratis in rete. Pensate voi come siamo messi.
La musica, quella ascoltata intendo, mi somiglia sempre più a un mare cosparso di pezzi di polistirolo galleggianti, dove questi ultimi sono le canzoni e il mare è un oceano di ignoranza e superficialità, che prescinde dalla conoscenza e dall’approfondimento. I suoni fluttuano sul nulla. E dove i pochi ancora capaci o almeno vogliosi di approfondire sono una sorta di riserva indiana. Del resto, non si dice che oggi la musica è “liquida“? Infatti la maggior parte degli ascoltatori, invece di nuotarci, ci affoga.
Capitolo libri e cultura in generale: la lettura ormai consiste nel pubblicare in rete le copertine o foto della pagine, commentandole scopiazzando i risvolti. Ma di che stiamo parlando? I musei li si vuole gratis per avere panchine all’ombra d’estate e al coperto d’inverno dove stare seduti a spippolare sul cellulare, con la Gioconda sullo sfondo.
Insomma, se scrivo meno è perchè il dicibile senza ripetersi l’ho già scritto e non vedo all’orizzonte commenti originali da fare. Tragico? Sì, abbastanza tragico.
Ma il mondo è questo.
Ogni volta che ci penso mi torna in mente la risposta surreale che, all’alba dell’era digitale, mi dette un tizio, presunto collega, alla domanda: “Ma tu che fai?“. E lui mi disse: “Sono abbastanza freelance“. Abbastanza freelance…avete mai sentito qualcuno che vi abbia risposto di essere abbastanza elettrauto, o abbastanza infermiere, o abbastanza insegnante, o abbastanza idraulico, o abbastanza avvocato, o abbastanza carabiniere?
No?
Ecco.