I cellulari sono diventati pericolosi microcircuiti da tasca. Guinzagli digitali di un padrone invisibile, ma che la gente è lieta di indossare. Dai riflessi di Pavlov alla rete di Pavlov.
Tempo fa, di colpo, mi sono reso conto che, se prima il telefonino era utile perchè mi metteva in grado di fare da remoto cose che normalmente si fanno in ufficio, ora anche in ufficio le stesse cose è più rapido e pratico farle direttamente dallo smartphone.
Mi direte: era ovvio da un pezzo. E infatti sono ben consapevole di arrivare con dieci anni di ritardo sui guru della materia, di otto sui maghi del webmarketing, di cinque sui millennials, di tre sui cosiddetti utenti evoluti e di un anno anche sulle cosiddette persone normali. E pure su me stesso, che quanto sto per dire l’ho percepito, ma taciuto, già da un po’.
Forse però certe implicazioni vanno scandagliate meglio. Nel senso che la diffusione di questa tecnologia ha raggiunto un tale punto di evoluzione da aver trasformato quei comodi strumenti in qualcosa di insidiosamente pericoloso.
Non mi riferisco al pur tracimante sviluppo dell’industria e alle deviazioni socioeconomiche collegate, nè all’esplosione dei servizi connessi all’uso dei telefonini e nemmeno all’ormai autosepolta privacy, bensì alla definitiva emersione della natura intimamente pubblicitaria, direi perfino alla vocazione ab origine propagandistica del mezzo: divenendo esso lo strumento per fare più o meno tutto e quindi trasformandosi in un’appendice di mani e cervello, equivale a un microchip sottocutaneo da tasca che può indurti, perfino comandarti di eseguire qualunque cosa. E di guardare la pubblicità che vuole lui, quindi tutta. Uno strumento di coercizione, un segnale luminoso pavloviano.
Tutto ciò non è rassicurante nè, mi pare, controllabile: dagli acquisti compulsivi o da affrettate quanto rovinose operazioni finanziarie si può facilmente passare a ben di peggio, col beato consenso della vittima.
E con l’aggravante che gabellano tutto ciò, come già accade, per uno strumento di liberazione delle masse.
Diciamo quindi che, una volta tanto, i miei inguaribili limiti tecnodigitali giocano a mia difesa e non da ostacolo.
Meno male.
Gli altri spero che si regolino.