La deontologia dice che le notizie si danno, non che si devono dare gratis. Quindi smetto di darle, se non  remunerato. Per principio e perchè sono stufo che vengano usate, a pagamento, da altri. NB: ovviamente parlo per me, poi ognuno è libero di fare come vuole.

 

Il post dell’altro giorno sulla mia ormai irreversibile insofferenza verso la pubblicazione gratuita di contenuti originali – ossia di notizie o informazioni diffuse “gratis”, ma poi riprese e utilizzate da molti, e fin qui passi, anche per usi lucrativi, e qui passi meno – da parte dei giornalisti, me compreso ovviamente, ha sollevato non poche reazioni.

Bene: quello, del resto, era lo scopo.

Il senso, in sintesi, era che se da un lato è dovere del giornalista “dare” le notizie e se da un altro è lecito metterle a disposizione gratuitamente, è legittima anche la scelta opposta, ossia decidere di non farlo, visto che si tratta di “prodotti” con un loro oggettivo e quantificabile valore economico e che la nostra è o sarebbe una professione, ossia un lavoro, che per essere definito tale dev’essere remunerato. Ma poiché è ovviamente impensabile riuscire a impedire che un altro sfrutti a proprio tornaconto ciò che ha ricevuto o può trovare gratis, l’unica soluzione per chi ha idee e informazioni è tenerle nel cassetto, senza regalarle a vuoto. Cosa che da un po’ di tempo ho cominciato a fare: e pazienza se così spreco news che varrebbero la pena di essere utilizzate e divulgate. Non credo del resto, così facendo, di infrangere alcuna deontologia, visto che la prima regola deontologica è avere rispetto per la professione.

Il pezzo ha fatto nascere tuttavia alcuni equivoci, sui quali è bene puntualizzare.

La mia intemerata non si riferiva tanto ai colleghi che, prendendo spunto dalla lettura di scritti altrui, gratuiti o meno, o basandosi su di essi, conducono poi inchieste, scrivono articoli, fanno approfondimenti (se citando la fonte sarebbe anche meglio, ma non pretendiamo troppo). Questo sta anzi nella normale natura delle cose.

Mi riferivo invece al fatto, più sottile, che spesso anche temi scomodi o di grande interesse, su cui tutti – colleghi e lettori – leggono e ragionano, trovino spazio sui media e quindi vengano affrontati da giornali ed editori solo se trattati da qualcuno che, facendosi pure pagare poco o nulla, la ciccia di quei contenuti l’ha trovata appunto gratis, senza fatica nè lavoro, attingendo a chi prima di lui ha “dato” senza chiedere nulla in cambio.

Colpa tua, potevi tenere tutto per te, farete certamente notare.

E avreste ragione.

Il motivo per il quale infatti ho deciso di chiudere il rubinetto è esattamente questo: siccome sono un professionista e la mia professionalità ha un costo, d’ora in poi chi vorrà beneficiarne dovrà pagarlo comunque, questo costo. Io, qui su Alta Fedeltà e altrove, notizie giornalisticamente utili non ne darò più.

Aggiungo che se tale prassi, anzichè dal solito bizzoso sottoscritto che predica nel deserto, fosse adottata da molti altri valenti giornalisti che in passato hanno compiuto come me lo stesso errore di liberalità, forse sui media le ciance uscirebbero probabilmente lo stesso, ma molte cose serie no e forse nel nostro mestiere le cose andrebbero (leggermente, intendiamoci) meglio.

 

PS: a giudicare dai commenti ricevuti mi rendo conto che qualche equivoco è rimasto. Allora ribadisco: chi vive di questo lavoro, e quindi ha bisogno di essere pagato per continuare a farlo, dovrebbe smetterla di dare “gratis” (sui blog, sulle testate on line come questa, o sui social), obbedendo a un malinteso senso della professione e della professionalità, notizie che altri semplicemente copiano o sfruttano, magari facendosi pagare. Sennò poi è inutile lamentarsi se della tua fatica beneficiano terze persone.