di Andrea Petrini
Bramaterra Doc 2011 Antoniotti: c’è voluta mezz’ora di tempo perchè questo vino a base di Nebbiolo (in loco detto Spanna) si riprendesse dopo tredici anni di cantina, ma…
Ho conosciuto Odilio e Mattia Antoniotti ormai oltre dieci anni fa quando, con una macchina a noleggio sgangherata, feci un tour dell’Alto Piemonte, innamorandomi perdutamente dei vini di questo territorio troppo spesso sottovalutato dai cosiddetti esperti.
Ricordo che per arrivare alla cantina, a Casa del Bosco, un paesino di poche anime, ho dovuto percorrere una stradina sperduta circondata da boschi all’interno dei quali, quasi soffocati, si intravedevano ettari di vigneti ormai abbandonati perché da queste parti, come scriveva Soldati, il vino viene formidabile, potente e gustoso ma, aggiungo io, se si preferisce la fabbrica e la città all’agricoltura, questo è il risultato.
Con notevoli sforzi Odilio e suo figlio Mattia, settima generazione vitivinicola della famiglia, portano avanti i loro cinque ettari di vigne, piantati su terreni vulcanici ricchi di porfido, suddivisi in varie parcelle dove si producono due delle DOC più rappresentative del loro territorio: Coste della Sesia e, soprattutto, Bramaterra. Quest’ultimo vino, prodotto all’interno di sette comuni della zona collinare limitrofa al Parco naturale delle Baragge, ha ricevuto la denominazione di origine controllata nel 1979 e la base ampelografica prevede l’utilizzo del Nebbiolo, localmente definito Spanna, dal 50 all’80%, con saldo di Croatina (max 30%) e\o Uva rara e Vespolina, da sole o congiuntamente, per un massimo del 20%.
Questo Bramaterra 2011 lo presi dagli Antoniotti proprio il giorno della mia visitae me lo volli dimenticare in cantina per capire, con gli anni, come avrebbe potuto evolversi. L’ho stappato qualche settimana fa, a cena con amici, e il suo colore rosso rubino, lievemente granato, tradiva solo parzialmente i suoi tredici anni. Al naso, confesso, che la partenza non è stata esaltante perchè, nei primi dieci minuti, aveva un olfatto contratto, poco pulito, Antonello Venditti direbbe “chiuso come le chiese quando ti vuoi confessare….”.
Prima di battezzarlo come nobile decaduto abbiamo aspettato, carichi di speranza, così dopo mezz’ora abbiamo riprovato a odorarlo di nuovo e le cose sono cambiate in meglio. Ora il vino si è fatto via via più definito, dettagliato aromaticamente, ha ricordi di cenere, viola appassita, spezie scure e tabacco da pipa.
Se l’olfattiva di questo Bramaterra non è proprio all’apice della sua espressività, discorso diverso dobbiamo fare con il palato perché il vino, in questa fase, ha proprio un’altra marcia: è ancora dinamico, succoso, ha una cifra alta di freschezza e sapidità ed un gusto di rara raffinatezza.
Caro Odiolio e caro Mattia, chapeau!
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