Con le prime luci del giorno e con buona pace degli incubi da pandemia, sotto un cielo plumbeo stamattina sono uscito e mi sono dedicato al giardino, camminando a lungo sul filo sottile che intercorre tra la supervisione e la cura dei dettagli. Ripuliti alcuni vasi da fiori da piccole infestanti, controllati e orientati i germogli del gelsomino.
In quell’ora fatale che in ogni mattino segna il passaggio tra il presto e il meno presto, di solito con rumori improvvisi, segnale che anche altri si sono svegliati e agiscono, mi sono scosso e ho rammentato un passo da “Le scogliere di marmo” di Ernst Junger a proposito della coltivazione delle piante come coltivazione di sè.
Eccolo: “Nel pomeriggio, vangate le aiuole. Seminati i ravanelli e il cerfoglio. Lettura: Thornton Wilder, Il Ponte di San Louis Rey…
In giardino le cose vanno sempre come nella vita: per ogni vantaggio ci è sempre inflitta anche una noia. Non appena il terreno si fa più soffice, ecco che si secca anche più facilmente; chi ai tropici riesce a mietere un raccolto dieci volte più grande, dovrà mettere in conto nove piaghe”.
Ora vado a rituffarmi nelle piaghe.
Buongiorno.