La regola è che le notizie “si danno“: sprecarle è sciocco e deontologicamente sbagliato. Manca però una risposta alle domande: “Sì, ma perchè gratis? E in nome di cosa?“. Ne parleranno, gli scioperanti, domani?
Chi fa il giornalista conosce benissimo la sindrome che ti coglie davanti allo spettro di una notizia che hai, ma non puoi dare. Non nel senso che non hai il permesso o il coraggio, ovviamente, ma che non hai un giornale disposto a pubblicarla. O meglio, a pagartela.
L’alternativa sarebbe che la cedessi gratis, o la dessi tu direttamente, attraverso i tuoi canali personali (qui su alta-fedelta.info, ad esempio) o magari attraverso i social. Sempre gratis, si capisce. Come in ogni ricatto morale che si rispetti.
Ecco perchè, sì, sprecare le notizie è per un cronista un peccato mortale, ma succede sempre più spesso che informazioni interessanti restino chiuse nel tuo cassetto per mancanza di acquirenti o committenti.
Senza contare il fatto che, altrettanto ovviamente, la notizia, per trasformarsi in articolo, necessita di verifiche, approfondimenti, svisceramenti. In pratica, di un ulteriore e faticoso lavoro che però, come sopra, nessuno è disposto a pagarti per quanto vale. E quindi, di nuovo, se vuoi far uscire la notizia ti viene chiesto di “lavorarla” gratis.
Alla fine dunque la domanda ti sorge spontanea: ma chi me lo fa fare? E in nome di che, visto che questa è la mia professione, dovrei donare qualcosa che ha un valore non solo in sè, ma anche economico? Perché insomma regalare questo servizio a un editore o direttamente all’opinione pubblica, consolidando così la sensazione, purtroppo ormai generale, che le “notizie” nascano spontaneamente, da sotto i cavoli, come per miracolo, senza nessuno che le curi e le verifichi. E sempre, si capisce, gratis?
Da qui, il quotidiano tormento interiore mio e di tanti altri colleghi.
Tormento che, spesso, si trasforma in sordo rancore quando, a notizia bruciata o sprecata, incontri qualcuno che puntualmente ti dice “se me l’avessi detto“, o “perchè non me l’hai detto?“. Qualcuno che è quasi sempre lo stesso a cui tante volte hai proposto cose senza avere risposte, o senza che fossero capite nonostante il tempo perduto a spiegargliele, o che ti ha offerto compensi ridicoli, per non dire offensivi, neanche minimamente proporzionati alla qualità e alla quantità del contenuto e del lavoro richiesto.
Insomma, il declino dell’informazione passa anche da qui: non c’è più un sistema in grado di sostenerla economicamente. Il che equivale abbandonarla ai dilettanti, come di fatto già accade da tempo. Ma poi ci si meraviglia se, come ci si fanno le autodiagnosi consultando il dottor Google, così ci si informa su Facebook.
I cervelloni sindacali, ossia la causa e l’effetto di quanto sopra, che domani sciopereranno, ci avranno mai pensato a tutto questo?
La risposta ve la do io, in un altro post.
Domani, appunto.
Photocredit: Yomagick, www.yomagick.com
