di ANDREA PETRINI
Clos Regain Sec 2022, un assemblaggio tra Petit Manseng e Gros Manseng, è dotato di un sorprendente equilibrio, di una travolgente personalità e di un vantaggiosissimo rapporto qualità/prezzo.

 

Il Jurançon, nel sud-ovest della Francia e ai piedi dei Pirenei, nella regione della Nouvelle-Aquitaine, è una delle zone vinicole francesi più suggestive e al tempo stesso meno conosciute. La coltivazione della vite risale all’epoca romana, ma fu nel Medioevo, grazie ai monaci benedettini, che la produzione vinicola assunse reale rilevanza. La fama del Jurançon si consolidò nel 1553, quando il vino fu usato per bagnare le labbra del neonato Enrico di Borbone, futuro Enrico IV di Francia, durante il battesimo: un gesto simbolico che gli valse l’appellativo di “vin royal”. Da allora, il Jurançon divenne simbolo di prestigio, molto apprezzato nelle corti francesi.

Oggi il Jurançon continua a distinguersi grazie all’unicità del suo territorio, attorno alla città di Pau, favorito dal microclima mite garantito dalla protezione dei Pirenei e all’influenza del fiume Gave de Pau. I suoli variegati — marne, argille e calcari — donano ai vini marcata mineralità, mentre le forti escursioni termiche tra giorno e notte contribuiscono molto alla maturazione delle uve.

La maggiore particolarità del Jurançon è la capacità di produrre sia vini secchi che dolci, sebbene la denominazione sia maggiormente conosciuta per questi ultimi. Il segreto sta nei vitigni impiegati, tra i quali spiccano il Petit Manseng e il Gros Manseng (in misura minore troviamo anche Courbu Blanc, Petit Courbu, Camaralet de Lasseube e Lauzet), tutti caratterizzati da una spiccata aromaticità e da un’acidità che dona freschezza al vino.

Il Petit Manseng, in particolare, è il vitigno che meglio rappresenta l’identità della denominazione, ed è utilizzato per la produzione di grandi vini da vendemmia tardiva grazie al suo grappolo spargolo e alle particolarissime condizioni climatiche della zona, che impediscono lo sviluppo di muffe sugli acini. I forti venti che soffiano dai Pirenei fino alla valle permettono infatti un lento appassimento in pianta (passerillage), un fenomeno raro in altre aree vitivinicole.

Qualche tempo fa ho scoperto, grazie all’enologo Julien Seigneurie e alle dritte del mitico Guido Invernizzi, i vini della cantina Clos Regain, fondata da Michel Boutin, un canadese originario del Quebec che, innamoratosi del territorio, decise di trasferirsi nel Jurançon con l’intenzione di creare una cantina.

Se da una parte sono rimasto sbalordito per l’equilibrio sopraffino dei vini dolci di Clos Regain – cosa tutt’altro che scontata quando c’è una bella percentuale di zucchero residuo in gioco – il mio coup de cœur è andato senza dubbio al Clos Regain Sec 2022, che, grazie a un sapiente assemblaggio tra Petit Manseng e Gros Manseng, dona un sorprendente equilibrio di sapori e una travolgente personalità. Il naso è di straordinaria territorialità ed esprime una girandola di profumi che spaziano dal tiglio alla pesca percoca, fino ad arrivare alle erbe aromatiche, agli agrumi e alla pietra focaia, il tutto in un quadro di leggiadra armonia. Al sorso è sostanzioso ma, al tempo stesso, ha una trama perfettamente bilanciata, espressa da una pingue morbidezza sostenuta da un’acidità affilatissima. Chiude il quadro gustativo un finale minerale decisamente interessante, così come il rapporto qualità/prezzo di questo vino che, se riuscirete a trovarlo, vi lascerà senza parole.

Nota tecnica: vino vinificato in acciaio inox. Dopo la fermentazione, il vino viene lasciato a riposare sulle fecce fini per qualche mese e sottoposto a regolari bâtonnage.

 

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