In seconda elementare, alla fine dell’anno scolastico, la maestra regalò a tutti noi alunni un libro da leggere durante l’estate.
A me toccò un romanzo minore di Jules Verne, che trovai subito, a cominciare dal titolo, entusiasmante. E anzi di buon auspicio: “Due anni di vacanze”. Ce l’ho ancora, sebbene sbertucciato assai.
Era la storia di un gruppo di ragazzini che fa naufragio nel Pacifico e approda in un’isola deserta, dove tra varie peripezie sopravvivono appunto due anni prima di essere salvati.
Il volume mi è tornato in mente leggendo stamattina sul Corriere che, secondo un autorevole studio (nel merito del quale non entro, mi limito a riferire), affinchè il Covid-19 “passi” e quindi si possa tornare a quella che chiamavamo normalità, saranno necessari dai 18 ai 24 mesi.
In pratica, due anni.
Mi pare un arco di tempo realistico e ragionevole, tenuto conto dell’impatto che il virus sta avendo sulla società e l’economia mondiali.
Se e come sarà davvero un biennio di vacanze forzate, tipo l’ultimo bimestre, non lo so.
Le domande che mi faccio, tra le tante, sono sempre il solito numero: due.
Se cioè molte situazioni o attività potranno resistere a un’attesa così lunga (francamente ne dubito) e quanto la normalità ritrovata nel 2022 somiglierà a quella perduta nel 2020.
Siccome la vita non è sempre un romanzo a lieto fine, credo poca.
Però nell’attesa avremo un sacco di tempo per leggere.
E magari anche dopo.