L’informazione, pure bellica, è sempre più in mano a “influencer” (chi?), dilettanti e propagandisti. Tutti impuniti. Ma la cosa sembra non preoccupare nè l’opinione pubblica, nè l’OdG.

 

Ci sono i giornalisti presi a cannonate in Palestina, ma quella che poi viene percepita come “informazione” la fanno gli influencer al soldo delle parti in conflitto. E questa è solo la punta dell’iceberg del cortocircuito in atto.

Ci sono infatti anche i giornalisti, e sono migliaia, che ogni giorno svolgono con serietà il loro onesto lavoro, lontano dai riflettori, magari non rischiando la vita ma le gambe sì, e che si vedono in continuazione scavalcati nella loro professionalità dai medesimi influencer o da abusivi senza arte, nè parte, nè doveri: gente che insomma il titolo di giornalista non ce l’ha e il mestiere non lo dovrebbe, nè lo potrebbe, nè lo sa fare. Ma lo fa lo stesso, nel silenzio ormai rassegnato di tutti. OdG compreso.

Mi si dirà che nel giornalismo la questione dell’abusivismo è cronica, ed è vero. Vi assicuro che però, da qualche anno, ha compiuto un decisivo salto di qualità.

Prima c’erano quelli  – fastidiosi ma alla fine inoffensivi – che sgomitavano per avere un tesserino da ostentare alle feste del paese. E quelli che, sempre per pura vanagloria, si spacciavano per giornalisti senza esserlo. Anche loro tra il ridicolo e il patetico, ma altrettanto inoffensivi. Il sistema li tollerava.

Oggi, anzi ormai da qualche anno, la categoria degli abusivi e quella parallela dei non-giornalisti-a-cui-fanno-fare-i-giornalisti-come-se-lo-fossero è invece passata all’attacco: scrivono e pubblicano sui giornali fior di articoli, portano notizie, vergano reportage, tutto ovviamente pure gratis, reclutati a frotte da editori e direttori (quando non da caposervizio con poca voglia di faticare) ben lieti di affidarsi a chi non crea problemi, non eccepisce mai nulla, dice sempre di sì, non chiede niente in cambio del lavoro che offre, si fa andare bene tutto e, alla fine, siccome non ha la qualifica professionale, non è nemmeno “imputabile” ai sensi della legge professionale. Quindi è libero di sguazzare nell’opacità dei conflitti di interesse o addirittura nel marchettismo conclamato.

La qualità, in termini di contenuti informativi, veridicità, imparzialità e verifica, è un particolare irrilevante.

Se poi si esce dai quotidiani e si passa ai periodici, testate on line, blog e settori della stampa più o meno “edonistici”, la faccenda è ormai dilagante: in pratica, per i giornalisti (e l’informazione professionale di cui essi sono o dovrebbero essere, diciamolo, portatori) non c’è nemmeno più spazio. Porte chiuse. E ovviamente soldi zero: del resto, anche senza entrare nel merito della qualità, come arginare la concorrenza di chi lavora gratis ed è disponibile a pagare di tasca propria spese, trasferte, aggiornamento?

Insomma, nel silenzio generale dell’opinione pubblica e anche di chi ci rappresenta, il giornalismo sta scomparendo per estinzione, sostituito dal dilettantismo militante e dalla  compiacenza socialmente accettata. Come se, silenziosamente, la classe medica piano piano venisse sostituita negli ospedali da quella paramedica. E alla fine in sala operatoria ti trovassi sotto i ferri dell’infermiere.

Se mi chiamassi Ordine dei Giornalisti, qualcosa da eccepire ce l’avrei. Ma io mi chiamo solo Stefano e se dico qualcosa mi tacciano pure di essere il solito bastian contrario, per non dire rompiscatole o peggio.

Legalmente non possiamo fare nulla“, si schermiscono a volte.

A parte che non è vero (diciamo casomai che mancano mezzi e strutture: per quelli  però bisognerebbe, anzi si sarebbe dovuto da tempo cominciare a organizzarsi), ma vogliamo almeno provare a fare un po’ di rumore, di cagnara, di propaganda, per risvegliare le assopite coscienze e far capire alla gente che, forse, dell’informazione propriamente detta c’è bisogno?

E invece no, stiamo scendendo muti nel gorgo dell’algoritmo.

Anche perchè poi basta che ti volti un attimo dall’altra parte e vedi una quantità abnorme di colleghi che si comporta esattamente come se influencer lo fosse. Ma, anche su questo, dall’Ordine silenzio di tomba. E così si va avanti.

E a chi mi risponderà che non è vero e che l’OdG svolge una silenziosa ma costante opera di vigilanza e sanzionamento, dirò che non ne dubito, ma che ciò non basta più: contro le alluvioni (e questa lo è) ci vogliono le dighe, non i sacchetti pieni di sabbia.

Naturalmente scrivo tutto questo per puro sfogo, nella consapevolezza di parlare a vuoto nel lento ma inesorabile scorrere verso l’abisso.

In pratica, le cannonate ce le tiriamo da soli.