Con oltre due lustri di ritardo e coi cadaveri dei freelance ormai scheletri inanimati, il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria ha convocato ieri la commissione sull’equo compenso. E l’Fnsi, principale responsabile della catastrofe, se ne vanta e se ne rallegra.
Ho contato, credo, fino a un miliardo. Cercando di contenere l’ira montante. Arrivato poi a un miliardo e uno, forse mi è un po’ sbollita, ma mica tanto. Sapete, è dal 2014 che ho questo rospo su gozzo e tante volte ho cercato di dimenticarmene, purtroppo con fortune alterne.
Succede, però, che ieri esce un comunicato dell’Fnsi (qui), Fnsieg per gli amici, con il quale il sedicente ma non certo unico sindacato dei giornalisti italiani si rallegra perchè sempre ieri si è riunita presso il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria (il DIE, appunto) la commissione sull’equo compenso, alla quale hanno partecipato il segretario della Federazione, Alessandra Costante, e il presidente della CLAN (omen nomen), ossia la Commissione Nazionale Lavoro Autonomo della Federazione medesima, Claudio Silvestri.
“La Fnsi ringrazia il Die per aver convocato il tavolo. La posizione del sindacato – rilevano nel comunicato Costante e Silvestri – è che si debba ripartire dalla sentenza 1076 del 2016 con cui il Consiglio di Stato non solo ha confermato l’annullamento della delibera del 2014 sull’equo compenso, ma ha stabilito che ‘per equo compenso si intende la corresponsione di una remunerazione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto tenendo conto della natura, del contenuto e delle caratteristiche della prestazione, nonché della coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione nazionale della categoria per i giornalisti titolari di un lavoro subordinato’. Riteniamo – insistono i due – che non si possa derogare a questa sentenza. Tutt’al più della delibera del 2014 va recuperata la parte riguardante le sanzioni a carico degli editori che non rispettano l’equo compenso. In questi anni gli editori, sfruttando i lavoratori autonomi e parasubordinati, hanno fatto dumping salariale nei confronti dei lavoratori dipendenti e svuotato le redazioni a colpi di prepensionamenti. La legge istitutiva del tavolo del Die, la 233 del 2012, è una legge speciale di fronte alla quale qualsiasi altra legge e decreto legislativo, compreso il disegno di legge sul riordino delle professioni ordinistiche (4 settembre 2025), sono cedevoli“. Di conseguenza – prosegue il comunicato – la Fnsi “reputa che il riconvocato tavolo, di cui ancora una volta si ringrazia il Die, debba proseguire autonomamente nella propria attività, anche perché, auspichiamo, più veloce e concreto. Anche oggi gli editori hanno parlato di crisi dei ricavi e aumento dei costi, ma la Federazione della Stampa continua a ripetere che più dei finanziamenti a pioggia sia necessario un bonus informazione per favorire il ritorno dei ricavi“.
Capito mi hai? Sono contenti e battaglieri, loro. Ora che hanno appena scioperato chiamando alle armi per il contratto quelli che il contratto non ce l’hanno e che proprio loro scaricarono undici anni fa.
Peccato che la sentenza “dalla quale si dovrebbe ripartire” avesse annullato esattamente la delibera equocompensicida (300 euro al mese…) approvata con slancio, guarda caso, dai rappresentanti del Governo dell’epoca, degli editori e, ops!, dell’Fnsi, Fnsieg per gli amici. Unico voto contrario quello dell’Odg, allora presieduto da Enzo Iacopino, a cui va reso merito di aver preso quella posizione. E che presentò anche il ricorso destinato a generare la sentenza del 2016. Motivo del ricorso: era un regalo alla controparte e un de profundis alle residue speranze di salvare il destino della libera professione giornalistica. Che infatti sappiamo com’è finita: morta stecchita da anni.
Ed ecco che, all’alba del 2026, quando i buoi sono non solo proverbialmente scappati dalla stalla, ma sono da tempo stati catturati, macellati, cotti, mangiati e soprattutto espulsi dai naturali orifizi, un sindacato che rappresenta a malapena il 7% dei derelitti autonomi italiani, ma pretende di parlare per tutti, si rallegra della riesumazione di quello strumento diventato inutile perchè, nel frattempo, grazie alle loro camarille di potere, il paziente è deceduto.
Anche no.
Ve lo dice uno che, nell’ottobre del 2011 (qui), c’era alla battaglia per la Carta di Firenze e per l’equo compenso. E c’era anche quando nel luglio del 2014 (qui) un manipolo di settanta incazzati dette il pacifico assalto al Palazzo (d’estate, viste le circostanze) Federale, con gli impauriti caporioni sindacali nascosti dietro l’ormai epica tremula tendina in attesa dell’irruzione.
Che tempi. Che tristezza. E che spreco di talenti giornalistici lasciati morire per giocare col potere e la politica sindacale.
Photocredits: Andreas Franke, thesinkingworld.com
