Ecco un altro argomento delicato su cui chiedo lumi e commenti possibilmente intelligenti, quindi astenersi ebeti, paraocchiuti, isterici e disinformati.
Provate a seguire il mio discorso.
Per le ragioni note, gli spostamenti sono proibiti, inclusi quelli verso le cosiddette seconde case.
La ratio della norma è apparentemente chiara: se non esco non contagio nessuno, non rischio di contagiarmi e quindi di contribuire all’epidemia.
Il discorso non fa una piega se il divieto riguarda “gitarelle” a/r per il weekend o, peggio, tentativi di evasione alla clausura con pendolarismi vari.
Supponiamo però che la famigliola reclusa in 80 mq in città disponga di una casetta in campagna. Vuota, si capisce, non con altri parenti dentro.
E che in virtù del suo naturale isolamento, essendo appunto in campagna, essa costituisca un luogo residenza, pur reclusa, assai più al sicuro dal virus e da contatti pericolosi che nel condominio di una grande città.
Qual è dunque il senso logico e anche strategico di impedire alla famigliola di trasferirsi lì, fermo naturalmente che nessuno dei membri sia ammalato o abbia sintomi?
Sì produce l’autocertificazione (“trasloco in località più sicura fino alla fine del periodo di blocco”) e forse ne guadagnano tutti, compresa la città che si sgrava di un nucleo e quindi alleggerisce la concentrazione di persone
Chi mi risponde?