Abito in campagna, in un posto isolato, dove d’inverno capitano notti così quiete che riesci a percepire solo il sibilo del silenzio.
D’estate, invece, no. La notte non conosce rumori, ma suoni. Un’infinità di suoni: il fruscio del vento e delle foglie, il ronzio degli insetti, il canto degli uccelli, cani che abbaiano in lontananza, animali che razzolano da qualche parte e perfino l’eco di campanacci al collo di lontanissimi armenti. Un concerto diffuso e impalpabile che rivela la vita.
Stanotte, però, fa caldo a tal punto che anche la campagna estiva sembra caduta, anzi paralizzata sotto una cappa plumbea e silenziosa di calura. Fronde immobili, fauna tramortita. Perfino le zanzare paiono rifiutarsi di volare. Si sente solo il sibilo del silenzio, che unito all’afa rende impossibile dormire. È come se tutto trattenesse il fiato, perché manca l’aria per respirare. Sono passate le una da poco ma già non si sa come fare per arrivare a domattina. Io guardo il cielo, seduto su una poltrona scomoda.