Centinaia di “osservazioni” inviate al Mesa da istituzioni e cittadini, migliaia di firme raccolte contro il parco eolico delle Crete Senesi. Ma propaganda, strategie miopi e scarsi mezzi rischiano di vanificare la battaglia.

 

A un paio di settimane dalla scadenza dei termini del 29 ottobre per la presentazione delle “osservazioni” da parte di cittadini, enti e imprese contro il progetto di cosiddetto “Parco eolico” (10 pale alte 200 metri su un’area di 600 ettari e visibili da 50 km di distanza) presentato a febbraio scorso e destinato a essere costruito – tra lo stupore generale – nelle fragili e iconiche Crete Senesi, a un tiro di schioppo da siti Unesco come Siena e la Valdorcia, sono quasi duecento le pec di protesta, talvolta molto tecniche ed approfondite, arrivate al MASE. Si sono mossi istituzioni, studi legali e autorità varie. Ed è un buon segno. Si è mossa anche la politica, ovviamente e strabicamente bipartisan. Pure la protesta popolare va avanti, con le sottoscrizioni promosse dal comitato “Difendiamo le Crete Senesi” arrivate oltre quota millecinquecento.

La sensazione, tuttavia, è che in generale ancora tendano a prevalere lo smarrimento, la carente lucidità, la scarsa consapevolezza generale delle dimensioni (e perciò della capacità di spinta) degli interessi in gioco e la conseguente mancanza di pragmatismo.

Il molto rumore fatto in ogni sede è certamente utile, ma non basta. Sia perchè non è abbastanza forte per arrivare alle orecchie di chi dovrebbe  (e chi dovrebbe ha quindi la scusa di non sentire), sia perchè nel rumore è difficile distinguere gli argomenti seri da quelli da bar, i quali ovviamente abbondano e, caciara del momento a parte, finiscono per nuocere alla causa, perchè sviano l’attenzione dai veri problemi.

Proviamo allora a fare ordine.

Anche perchè, dopo tante battaglie perse, quello di Asciano potrebbe davvero fungere da caso-pilota per la gestione di future guerre contro transizioni energetiche progettate a capocchia, le avvisaglie delle quali sono in Toscana – al netto dei conflitti già cominciati – ben percepibili.

Primo: la questione continua ad essere spesso mal posta e a sconfinare sui binari sbagliati della guerra ideologica. Qui non si tratta invece di avversare grandi principi, ma di affermarne uno semplice e terragno: eolico sì o eolico no, fotovoltaico sì o fotovoltaico no, geotermico sì o geotermico no, tutto sta nel dove, come e perchè è fatto un impianto. Ci sono luoghi giusti, cioè con le caratteristiche giuste per ubicazione, condizioni, suoli, tessuto socioeconomico e benefici apportati, e luoghi, per gli stessi motivi, sbagliati. Quello scelto nelle Crete Senesi è semplicemente un luogo sbagliato: non c’è vento, è difficile da raggiungere, ha grande pregio paesaggistico e ambientale, soprattutto ha un’economia – agricola e non – di sopravvivenza e quindi un tessuto socioeconomico debole, che uscirebbe distrutto dalla costruzione del “parco”. Parco, in realtà un impianto industriale di impatto pesantissimo,  che non ha le caratteristiche di efficienza e di redditività necessarie a giustificare il danno procurato. E che, per com’è ubicato, indirettamente danneggerebbe parecchio anche una vasta area circostante, dai siti Unesco al turismo, dai servizi ai trasporti, dall’edilizia all’artigianato. Questa è la questione vera, il resto sono chiacchiere più o meno furbesche.

Secondo: la battaglia è difficile, ma non perduta in partenza. Per sperare di vincerla occorre soprattutto sapere qual è il preciso stato dell’arte e muoversi di conseguenza. Impresa non semplice, perchè grande confusione, anche normativa, regna sotto il cielo. Uno dei nodi è quello dell’individuazione delle cosiddette “aree idonee“. Il D.M. del 21 giugno 2024 non chiarisce con precisione le competenze in materia di Stato e Regioni. Il Ministero ha l’ultima parola sull’approvazione dei progetti e fissa i criteri di base per l’individuazione delle aree idonee, ma le Regioni devono individuare sul proprio territorio, con norme ad hoc basate sulle linee ministeriali, ove si ubichino le aree idonee. Spetta sempre alla regione autorizzare la realizzazione degli impianti. La domanda fondamentale rimane sempre la stessa: come è possibile che l’area delle Crete Senesi risulti idonea?

Terzo: comunque sia, la guerra è cominciata e sarà lunga e crudele, ma come sempre per vincerla occorrono armi ed eserciti, ovverosia risorse. Umane (avvocati, ingegneri, esperti, consulenti) e finanziarie. Insomma servono soldi affinchè le parti in causa – anche schierate sullo stesso fronte, ma diverse: gli interessi dei proprietari espropriandi sono ad esempio diversi sia tra di loro che da quelli della comunità del territorio – possano ingaggiare i professionisti di alto profilo necessari a un contenzioso che potrebbe durare anni. Con spese e notule  importanti. Il budget? Diciamo, occhiometricamente, 100mila euro. Non sono somme che si possono raccogliere con semplici sottoscrizioni volontarie dei cittadini, ci vuole ben altro. Bisogna che le maggiori imprese del territorio, le banche e ovviamente i comuni capiscano che è in gioco il futuro di tutti e contribuiscano generosamente. Subito. Altrimenti, nel momento dello scontro decisivo, sarà come andare in battaglia armati di fionde contro i cannoni.
Quarto ed ultimo: il dopo. Perchè ci sarà pure un dopo, diverso a seconda che il parco si faccia oppure no, ovviamente. Ma in ogni caso, e comunque vada, il dopo comporterà la ricerca dei responsabili, poichè quanto sta accadendo ha senza dubbio dei responsabili. I quali, a guerra – vinta o perduta – finita, andranno individuati e chiamati a rendere conto. Non per vendetta, ma per giustizia. Quindi auguriamoci per loro che la vicenda si concluda bene: ne usciranno comunque con le ossa rotte, ma se dovesse finir male…