Sono tornato alla Vinschgauer Weinpresentation di Castelbello (BZ), la vetrina dei vini della venostani organizzata da Sonja Egger-Trafojer. Una miniera di piccole perle e una formula da preservare con cura.

 

Cominciamo dicendo che, qualunque fosse stata la qualità dei vini in degustazione il giorno dopo, la sola cena inaugurale al Kuppelrain, lo storico ristorante stellato della famiglia Trafojer (babbo, mamma e figli: all in!), sarebbe valsa da sola il viaggio, pur non breve, fino a Castelbello. Opinione non solo mia, ma di tutti i commensali (peraltro ottimi e professionali palati), che l’hanno definita una delle migliori dell’anno e forse anche di più. Degno erede del padre Jorg, il giovane Kevin Trafojer ha ammannito cinque portate memorabili – tutte a base di prodotti venostani – di grande sapidità, originalità, coesione e coerenza, senza un minimo cedimento. Cosa che, come ben sanno i frequentatori di locali d’alto rango, è cosa invero rarissima. Io e il mio vicino di posto Carlo Macchi abbiamo, tanto per cominciare, divorato un chilo di pane per uno affogandolo in un burro caramellato alle noci che è impossibile descrivere, bisogna provarlo. Per il resto vi rimando alle note del collega (qui), onde evitare doppi superlativi.

Le cinque-magnum-cinque fatte apposta per lei, e che Sonja ha stappato per l’occasione, sono stati poi un notevole antipasto di quello che saremmo andati ad assaggiare nel castello, se ci fosse stato il tempo per gustarsi per intero i 120 campioni in degustazione, tutti venostani con l’eccezione di due “ospiti”:  la Fattoria dei Barbi di Montalcino e della Cantina Anselmi di Soave.

Sorvolo anche sulla location, il castello di Castelbello (notoriamente il mio fortilizio preferito, come chi mi legge sa bene), e sull’ottima organizzazione, curata da Sonja e dall’Ufficio Turistico di Castelbello-Ciardes, e mi lancio in una rapida disamina dei miei migliori assaggi. Precisando che ho potuto degustare solo una sessantina di etichette, le altre non ce l’ho fatta visto che la kermesse dura, purtroppo, un giorno solo. L’impressione generale comunque è che, di edizione in edizione, la qualità media dei vini salga sempre più e che quest’anno fosse decisamente elevata, anche grazie alla scarsa tendenza dei produttori ad omologarsi a uno stile – qualunque esso sia – se non al proprio (vivaddio!).

L’impressione ancora più generale è che l’iniziativa costituisca ormai un punto di aggregazione imprescindibile per l’approccio e per un confronto con i vini della valle, frutto di una realtà polimorfa, ma che necessita anche di un forte messaggio identitario. L’augurio è invece che questa identità, restituita così bene da una formula organizzativa capace di coniugare spontaneità e professionalità, si mantenga tale e quale, restando al di sopra dei personalismi.

Ora, ecco la mia top eight.

Rosso top: “Loma”, Pinot Nero Alto Adige doc 2021, Moarhof.

Non so praticamente nulla di questa cantina di Castelbello, ma ciò mi aiuta a giudicare il Loma 2021 uno dei migliori assaggi del 2025: fine, elegante, agile, ma al tempo stesso rotondo e gastronomicissimo, fragrante al naso e godibile al palato, senza nulla fuori posto, lungo ma non invasivo. Insomma davvero eccellente.

 

Bianco top: Riesling Alto Adige Val Venosta dop 2023, Lehengut.

Un’altra conferma dal passato, ma che stavolta ha superato se stessa con questo Riesling di straordinaria finezza e pulizia, fresco e lunghissimo, sostenuto da un’acidità e da un equilibrio che lo rendono elegantissimo, a tratti addirittura solenne. La magnum poi era (appunto) da capriole.

 

“Altissimus”, Riesling Mitterberg igt 2021, Hedwigsberg.

Nasce a Malles, alta Val Venosta, da vigne a oltre 1000 metri con vista sull’Ortles: ma al di là dell’aspetto eroico questo vino si distingue per la grande eleganza, con una profondità non disgiunta dall’agilità, che lo rende fine assai.

 

Muller Thurgau 2023, Oberschlossbauer Juval.

Da una microvigna di mezz’ettaro a 900 metri di altitudine, proprio a ridosso del magnifico castello di Reinhold Messner, ecco un vino diretto, quasi rustico, verace in semplicità che lo rende coerente, godibile, vivo.

 

Pinot bianco Alto Adige Val Venosta 2024, Stachburg Schlossweingut.

Di questo vino bio mi hanno colpito l’assoluta pulizia e la varietalità non caricaturale, che lo rendono gentile a dispetto del grado alcoolico non indifferente.

 

“Flech”, Chardonnay-Pinot grigio Alto Adige 2024, Kofelgut.

Una bevuta assolutamente diretta, che però non perde terreno sul piano della finezza, della pulizia, dell’eleganza.

 

Zweigelt Alto Adige Igt 2024, Englberg.

Un sorso che piace per la sua ridondanza non grossolana e per i profumi intensi ma ben definiti, vino intrigante.

 

Pinot nero Alto Adige doc Riserva 2021, Castel Juval Untertortl.

Un’altra conferma: fatto in botti grandi di rovere e acacia, un vino di grande eleganza e complessità, in giusto equilibrio tra finezza e corpo, rotondità e carattere.