di ANDREA PETRINI
“Janare” Sannio DOP Fiano 2016 La Guardiense: nella tradizione le janare erano le seguaci di Diana, ritenute streghe legate alla magia ancestrale. Come questo vino profondamente sannita.
Nel mondo del vino italiano spesso aleggia un pregiudizio difficile da scacciare: quello secondo cui le cooperative sarebbero sinonimo di produzione industriale e quindi di qualità mediocre. Una visione ormai superata dai fatti. E’ il caso de La Guardiense, che da oltre sessant’anni rappresenta una delle eccellenze del Sud Italia.
Fondata nel 1960 a Guardia Sanframondi, in provincia di Benevento, grazie all’iniziativa di 33 viticoltori, è diventata oggi una delle cooperative vitivinicole più importanti del paese, sia per dimensioni che per visione strategica. Conta circa 1.000 soci, che coltivano oltre 1.500 ettari di vigneti in una zona collinare dal grande valore ambientale tra i monti del Matese e il Taburno, nel cuore della Valle Telesina. Ogni anno produce 150.000 ettolitri di vino e circa 6 milioni di bottiglie, distribuite in Italia e nel mondo.
A fare la differenza, oltre ai numeri, è la scelta di puntare sulla qualità, sulla sostenibilità e sull’innovazione, mantenendo saldo il legame con la tradizione contadina del Sannio. Sotto la guida del presidente Domizio Pigna, e grazie alla collaborazione con Riccardo Cotarella, la cooperativa ha avviato un profondo processo di modernizzazione, investendo in tecnologie, ricerca agronomica e valorizzazione delle varietà autoctone come la Falanghina, il Greco, il Fiano e l’Aglianico.
Se fare vino in forma associativa non significa rinunciare all’eccellenza, questo Fiano 2016 ne è la prova.
Le Janare, nella tradizione popolare sannita, erano le seguaci di Diana, dea della luna e degli incantesimi notturni, custode delle selve, dell’agricoltura e delle donne. Secondo il mito, queste donne erano indomite al punto da essere ritenute streghe, officianti pratiche rituali legate ai cicli della natura e alla magia ancestrale. Il progetto Janare, di cui il vino fa parte, non è solo un tributo alla forza femminile e alla cultura rurale, ma anche una dichiarazione di intenti: esprimere l’anima più autentica e mistica del territorio.
Ciò che colpisce immediatamente — alla vista, al naso e al palato — è l’integrità del vino, capace di conservare energia e vitalità anche a quasi dieci anni dalla vendemmia. Nessun cedimento alla stanchezza dell’evoluzione terziaria: si apre su note fresche e nitide di mela, pera, fiori di campo e fieno, in un bouquet ancora integro e vibrante. Al sorso è pieno, perfettamente equilibrato, con una struttura che unisce eleganza e spinta acido-sapida. Nessuna concessione alla morbidezza fine a sé stessa: qui è la grinta minerale a guidare la beva, rendendo questo Fiano non solo longevo, ma davvero espressivo.
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