di ANDREA PETRINI
Timorasso Derthona Colli Tortonesi DOC 2016 Cascina Gentile: a quasi dieci anni dalla vendemmia, racconta con eleganza la straordinaria capacità evolutiva di questo vitigno.
Tra le colline dell’Alto Monferrato, là dove il Piemonte si apre al respiro del mare e le argille si mescolano ai venti liguri, il Timorasso ha trovato la sua seconda vita. Vitigno complesso e identitario, capace di sfidare il tempo come pochi bianchi italiani, oggi è il simbolo di un territorio che ha scelto la profondità alla facilità, la verità alla moda.
Cascina Gentile, a Capriata d’Orba, interpreta questo spirito con misura e sensibilità. L’azienda nasce negli anni Sessanta grazie a Giovanni Gentile, contadino caparbio che piantò le prime vigne nel “Gazzolo”, una collina allora sconosciuta ma già vocata. Oggi è Daniele Oddone, nipote del fondatore, a guidare la cantina con mano sicura, in equilibrio tra tradizione e consapevolezza moderna. I vigneti di Cascina Gentile si estendono su un altopiano di circa diciannove ettari, undici dei quali piantati a vite, condotti con metodo biologico e circondati da appezzamenti coltivati a cereali e ortaggi. I terreni, argillosi e ricchi di scheletro, conferiscono ai vini densità e tensione, mentre le forti escursioni termiche e i venti marini asciugano le uve e ne preservano la sanità.
Tra le etichette dell’azienda, il Derthona Colli Tortonesi Timorasso 2016 è un piccolo manifesto. A quasi dieci anni dalla vendemmia, racconta con eleganza la straordinaria capacità evolutiva di questo vitigno: il colore, un oro lucente appena velato da riflessi ambrati, annuncia un naso di rara complessità. Si passa dai profumi iniziali di acacia e miele di tiglio a note di cera d’api, frutta disidratata e pietra focaia, in un continuo gioco tra dolcezza e rigore. In bocca è profondo, quasi masticabile: l’acidità, viva ma integrata, sostiene una struttura densa e salina, mentre il finale regala echi di mandorla tostata e idrocarburo, segno di una maturità nobile.
È un vino che non cerca l’effetto, ma la sostanza. Parla piano, con autorevolezza, e racconta il tempo come fosse un ingrediente. In lui si ritrova la voce più autentica del Timorasso, la dimostrazione che questo vino, se fatto con animo contadino, e lasciato crescere, non è solo un grande bianco: è un vino che pensa, respira e racconta.
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