Leggo che a Gardone Riviera un ebete di “ragazzo” irlandese di 27 anni è finito in ospedale con serie ferite perché, con altri coetanei, “giocava” a farsi investire dalle auto, finché una non l’ha investito per davvero.
La cosa grave non mi sembra però l’investimento in sé (in fondo mal voluto non fu mai troppo). E nemmeno il demenziale tipo di divertimento e neppure il non indifferente rischio a cui il giochino ha esposto lo stesso incolpevole investitore.
Mi pare infatti – a prescindere dal tasso alcolico dei singoli – che l’aspetto più sconcertante sia descrivere un ventisettenne e i suoi sodali, tutti ultraventenni, come dei “ragazzi”, quasi che tale condizione potesse costituire un’almeno parziale attenuante (“so’ ragazzi, se devono diverti'”).
Ragazzi? Si è ragazzi fino a 17 anni, forse. Dopo si è grandi. Non solo secondo la legge, ma secondo l’esperienza e il buon senso.
Ne consegue che sottoporrei il ferito a cure sanitarie di tariffa americana e i compagni di giochi a qualche settimana di guardina, in modo da passare il resto delle vacanze impegnati in riflessioni utili.
Dopodiché credo che cambieranno intrattenimento.