Di Maio convoca Ordine dei Giornalisti e sindacato al confronto sui temi vitali di equo compenso e precariato e loro che fanno? Pongono condizioni, chiedono ammende e pensano soprattutto a difendere il loro monopolio evitando il rischio di presenze “scomode”. La fine è vicina…

 

Tra l’ira e lo stupore leggo qui che il sedicente sindacato dei giornalisti e ciò che resta dell’OdG omologato al primo avrebbero condizionato la loro partecipazione al tavolo di confronto sull’equo compenso e sul precariato giornalistico, al quale li ha convocati il ministro del lavoro Di Maio (di cui, ricordiamocelo, si può pensare ciò che si vuole ma che è comunque un ministro in carica), alle scuse, rectius a un “preventivo atto di pubblica ammenda“, che il Di Maio medesimo dovrebbe alla categoria dopo la famosa polemica di puttane e pennivendoli.
Ora se già è irrituale, per usare un eufemismo, che un incontro istituzionale non solo dovuto, ma quantomai opportuno visto il momento delicato e l’argomento delicatissimo, sia soggetto ai capricci di chi ha o avrebbe invece il massimo interesse al suo svolgimento, è addirittura intollerabile il tono con cui tutto ciò viene chiesto.
Quello cioè non, dopo i fatti noti, di una severa ancorchè conciliante cortesia, ma con la spocchia e l’arroganza che sono i classici sintomi di due stati d’animo, evidentemente compresenti in chi li denuncia.
Il primo è l’inconfondibile imprinting di quelli che, forti di un’impunità mai messa in discussione al pari della loro egemonia, nonchè di una pretesa superiorità morale, sono abituati a imporre gli autodafè, le autocritiche, le autoumiliazioni, le abiure tanto cari a certi tribunali del popolo e a quanti amano far capire chi comanda.
Il secondo, di norma parallelo al primo, è l’aggressività gratuita e inutile di chi ha paura perchè sa di essere debole o in torto e reagisce mostrando i denti anche se non ce n’è bisogno. La ragione di tanta paura e debolezza è chiara: sul lavoro autonomo l’Fnsi è inadempiente da sempre e sull’equo compenso ha addirittura il ruolo di Maramaldo, mentre l’OdG, in odore di abolizione grazie anche al ventennale giornalistificio di cui è artefice, e che ha provocato tanto l’esplosione della categoria quanto la conseguente perdita di credibilità e prestigio della stessa, deve darsi un tono dopo il calo di brache della prospettata “autoriforma” (ricordate l'”Ordine del Giornalismo“? Gli smemorati leggano qui) per la quale è stato giustamente spernacchiato.
Ma non basta.
Lorusso e Verna – prosegue il comunicato diffuso dai due organismi – hanno inoltre chiesto al ministro Di Maio di chiarire se il governo intenda favorire l’approvazione dell’emendamento sul superamento dei co.co.co – che rappresentano la forma più diffusa di sfruttamento del lavoro giornalistico – verso il lavoro dipendente, considerato che per ben due volte è stato proprio il governo a impedirne l’approvazione. Sindacato e Ordine hanno anche chiarito al ministro Di Maio che il confronto deve avvenire in un quadro di reciproca legittimazione, di cui ad oggi non si intravvedono i contorni, considerata la volontà di allargare l’invito ad altre e non meglio identificate associazioni, fuori dai confini tracciati dalla legge sull’equo compenso“.
Da non credere: il sindacato che ben volentieri si è seduto al tavolo col governo Renzi, tramutandosi per l’occasione in Fnsieg, e che ha sottoscritto l’inqualificabile accordo sull’equo compenso, di fatto affossandolo, ora mette pregiudiziali e avanza pretese col nuovo esecutivo.
Il peggio e il ridicolo arrivano però in fondo, quando Lorusso e Verna chiedono prima “un quadro di reciproca legittimazione” (quale legittimazione per un ordine professionale e un sindacato è maggiore di una convocazione ufficiale da parte del ministero competente per il loro settore?) e poi – e qui, datemi retta, casca l’asino – quando completano la richiesta sottolineando, allusivamente, “la volontà di allargare l’invito ad altre e non meglio identificate associazioni“.
Altre e non meglio identificate associazioni?

Cioè? Non le menzionano per non legittimarle? Oppure temono, come credo, che a sorpresa il ministro faccia trovare sedute al tavolo assieme a loro non tanto altre, purtroppo per ora inesistenti sigle sindacali giornalistiche, ma magari organizzazioni di blogger o di non-giornalisti il che, di fatto, costituirebbe l’implicito riconoscimento sia della non unicità della rappresentanza Fsni sia dell’esistenza di professioni parallele e quindi un esplicito motivo in più per l’abolizione di un Ordine peraltro già reso inoffensivo da un’autoliberalizzazione sostanziale perseguita negli anni?

Tutto ciò, naturalmente, al netto dei soliti, ulteriori, pietosi giochini correntizi ed elettorali interni.

Alla faccia della morente categoria, si capisce.