Nulla, ci mancherebbe, contro la meritevole categoria degli psicologi, ma nessuno mi toglie dalla testa che il loro ubiquo impiego, onda lunga dei ’70, abbia da tempo superato la soglia del ragionevole, spesso fungendo da foglia di fico per nascondere la fuffa di provvedimenti inutili o gonfiati o semplicemente demagogici, tipo l’assistenza se uno prende 3 a matematica, brucia l’arrosto o deve rientrare dalle vacanze a Formentera.
Leggo ora, ad esempio, che, oltre all’immancabile app, il progetto dei nuovi centri per l’impiego prevederebbe anche il ricorso a degli “psicologi del lavoro, con il compito di sviluppare il piano di carriera di chi è in cerca di impiego e consigliare eventuali opportunità”.
Insomma, io cerco lavoro come muratore, o segretaria, o impiegato, ma per aiutarmi, anziché capacità, volontà e un po’ di fortuna, ci vuole lo strizzacervelli.
Mi dispiace, ma mi pare che per chi ha questa visione svenevole della vita ci voglia invece lo psichiatra. Uno bravo, però.
