colpi d ascia

La vita, la professione e il mondo offrono quotidianamente ottimi motivi per arrabbiarsi. Qui una silloge di commenti sparsi: a base di vetro e sabbia, s’intende

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MORRICONE E LA MASCHERATA DELL’OSCAR

Tutti a scrivere che era ora che gli Oscar si ricordassero di Morricone.
Dissento.
Morricone è, ovviamente non da ora, molto più grande delle mascherate dell’industria americana del cinema, di cui la statuetta è espressione.
E quindi non c’era certo bisogno del soprammobile kitsch per sancire la grandezza del compositore, consolidata in decenni di capolavori intrinseci e tali a prescindere dal committente.
Volendo vederla in bene, questo riconoscimento che arriva dopo 50 anni è casomai un oltraggio.
Infine (non si dovrebbe dire, ma io non sono politicamente corretto), certi premi di grande eco mediatica planano da noi proprio quando altre e più complesse ragioni di geopolitica fanno pensare che i reali motivi dell’attribuzione siano altri.

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FB E LE CRISI DI RIGETTO

Fb è divertente e anche utile. Sì, per carità, per un’utilità di 10 che dà a me, ne dà una da 1.000 al grande burattinaio, quindi il saldo è comunque in perdita. Ma tanto i burattinai sono ovunque, quindi essere burattinati da questo o da quello poco cambia.
Tanto premesso, sono ricorrentii le denunce degli utenti di “crisi di rigetto” da Fb. Il motivo è più o merno sempre lo stesso: è un immenso bar sport ad uso degli incontinenti dove l’idiozia, la mediocrità e il conformismo imperversano al pari dell’esibizionismo, abilmente fomentati dai sobillatori di professione.
A me sembra un treno sul quale la piacevolezza del viaggio dipende dalla fortuna o meno che hai di capitare vicino a passeggeri intelligenti ed educati. Se ti capitano i cretini, gli invadenti e i rumorosi, si trasforma in un incubo.
Io stesso mi trovo spesso vittima di una sindrome da rigetto.
Che passa da sola grazie a un piccolo trucco: fingo di non vedere quel 99% di irritanti sciocchezze che mi passano di continuo sotto gli occhi e che, d’istinto, mi farebbero saltare alla gola di chi le esprime.
Mi aiuta in questo la lunga esperienza di viaggiatore. Se il vicino di posto è un seccatore, girarsi dall’altra parte e fingere di dormire o, meglio, dormire davvero: il tempo passa più in fretta e l’imbecille resta senza contraddittorio.

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IL FASCINO DISCRETO MA LITIGIOSO DELLA BONOMIA

Il mondo è pieno di gente per bene: semplice, trasparente, sobria, onesta, con buoni sentimenti e vivace intelligenza. E’ una cosa che appare solare perfino a un pessimista come me.
Ciò che lo rende meno godibile e percepibile di come dovrebbe è che queste persone, positive nella loro individualità, diventano negative nella convivenza: avere altri accanto resuscita come per miracolo cattiveria, ottusità, meschinità, opportunismo occulti.
Come se si attivassero le valenze sbagliate.
Così bisognerebbe frequentare le persone da sole, senza aggregazioni ulteriori, per prendere e dare il meglio. Mica facile, però.
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VAI AVANTI TE CHE IO NON POSSO

Nella collettiva confusione di idee degli italiani su ruoli e funzioni si registra questo.
Da un lato i giornalisti amano definirsi i “cani da guardia del potere”, ma poi per fortuna hanno una serie di regole professionali che impedisce loro, o dovrebbe impedirgli, di agire per teoremi, illazioni, chiacchiere e notizie non verificate. Insomma di fare propaganda o di sparare nel mucchio, senza prove. Dall’altro una vasta parte dell’opinione pubblica scambia i giornalisti per figure con i poteri di indagine dei carabinieri, ma con la natura dei giustizieri: gente che dovrebbe cioè denunciare, su delazione di qualcuno che ha interesse a farlo ma vuole restare accuratamenta nascosto, si capisce, i mali e gli scandali della società.
Il risultato è un curioso cortocircuito: secondo costoro dovrei essere io giornalista a prendermi la responsabilità di fare denunce senza prove, visto che le prove dei fatti denunciandi le hanno loro ma non vogliono nè fornirle a me, nè esporsi di persona.
Insomma vorrebbero che qualcuno, senza essere carabiniere, indagasse come i carabinieri e poi divulgasse il risultato delle indagini ma senza fornire nè le prove, nè la fonte delle proprie informazioni.
Olè. Armiamoci e partite.
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INPGI O NON INPGI

Nella mente dei membri di una categoria di cui oltre la metà sono dilettanti dichiarati e in cui perfino gran parte dei “professionali” confonde ordine e sindacato, che spazio volete che ci sia per l’Inpgi, la cassa di previdenza dei giornalisti? L’unico, forse, è quello che la cronaca riserva ai vertici inquisiti dell’ente. Ma per il resto è mistero fitto: una figura sfumata sullo sfondo che tende a sovrapporsi con un altro ufo professionale, la Casagit.
Ecco, detto questo, da oggi a mercoledì 24/2 si vota telematicamente per il rinnovo delle cariche di Inpgi e Inpgi2 (la cassa degli autonomi, ma qui si va sul difficilissimo). Chi preferisse farlo in modo tradizionale, con scheda e matita copiativa, nel prossimo weekend (27 e 28/2) potrà andare ai seggi allestiti presso le assostampa regionali (e anche questo la dice lunga su certe contiguità).
Premesso anche questo, annuncio di aver compiuto il mio “dovere” e di aver messo la fatidica crocetta sui nomi di soli colleghi che conosco di persona e stimo, a prescindere da partiti, parrocchiette, cordate, correnti, mulinelli, gorghi e conventicole di appartenenza.
Fiducia che vengano eletti, qualcuna; speranza che li facciano lavorare, poca; aspettative che il sistema si riesca a raddrizzare, quasi nessuna.