Mi scuso preliminarmente con chi si sentirà colpito a livello personale ma, giuro, il mio è un discorso del tutto generale.
Il che non ne attenua lo spirito polemico, intendiamoci.
Il fatto è che ci ho messo anni, rigiuro, e non sono nemmeno sicuro di esserci riuscito del tutto, a capire che volesse dire “taggare”. Verbo odiosissimo e anglobecerissimo in gran voga tra i socialmaniaci, il che significa tra tutti o quasi.
Ora, che un’idea vaga me l’ero fatta, ecco circostanze pronte a smentirmela.
Dunque: se “taggare” vuol dire rendere partecipi individualmente altre persone di qualcosa che stai condividendo coram populo sui social, perchè costoro, per dimostrare che apprezzano, rilanciandolo, ciò che pubblichi, anzichè commentando o mandandoti un messaggio per fartelo sapere, ti “taggano” e, anzi, ti “ritaggano”?
Così facendo, o almeno a me sembra, la tua bacheca si riempie di cloni dello stesso post, facendoti apparire un esibizionista seriale e producendo per chi visita la bacheca medesima un nefasto effetto-rottura (eufemismo).
O sono io che, contro ogni illusione, proprio non ho ancora capito che vuol dire “taggare”?