Stamattina ho messo un CD e si è accesa la radio. Allora ho preso un LP, ma è partito il videoregistratore.

Ho spento la radio e il lettore DVD si è un avviato da sé. Stufo, ho acceso la TV ma l’audio usciva dagli altoparlanti dell’amplificatore ed era di un canale diverso dal prescelto.

Pensa e ripensa, indaga su indaga, ho capito: come ampiamente preannunciato da media e dai pensatori ben più intelligenti e avanti di me, anche i cavi del mio impianto hanno fatto outing e dato voce alla loro identità percepita, rifiutandosi di obbedire alle funzioni così poco democraticamente attribuite loro dal costruttore.

E che diamine, be avranno pur diritto, no?

Cosa è IN e cosa è OUT, ora, lo decidono loro.

Si switchano da soli, a loro insindacabile capriccio.

Confesso: sensibile all’etica della cablautodeterminazione, non me la sono sentita di oppormi, di non essere inclusivo.

In pratica, lo stereo sta suonando da solo quello che i cavi desiderano, anzi si sentono di desiderare.

Siccome avevo voglia di un po’ di musica, ho dunque cambiato stanza e mi sono messo a suonare la chitarra.

Dopo qualche minuto, però, mi è venuto un dubbio: e se il MI cantino si sentisse femmina e quindi fosse una MI cantina dovrei assecondarlo? Con quali effetti sonori ed altri equivoci (in Toscana la mi’ cantina è la mia cantina, quella dove si tiene il vino)?

Scoraggiato, mi sono messo a cantare, certo almeno dell’identità di genere che fin dalla nascita avverto come mia.

Ora, però, esito nuovamente: e se una delle mie corde vocali in realtà si sentisse, in fondo al cuore, un cordo, come dovrei gorgheggiare per non farlo* sentire discriminat*?