Sul telefono fisso ho una segreteria telefonica che scandisce con esattezza i miei recapiti cellulari, quindi do per scontato che chi ha urgenza di parlarmi provi a cercarmi lì.
Questa la ragione per la quale ascolto la segreteria ogni morte di papa.
Oggi ad esempio mi avvedo che, non so da quanto tempo, la memoria è piena di messaggi.
Ascoltarli è stata un’esperienza della stupidità umana di non poco momento.
A parte i messaggi dei call center (fantastici: dettano alla segreteria la pappardella che dovrebbero recitare all’utente irritato per la chiamata) e quelli con vituperi vari lasciati involontariamente e inconsapevolmente dal chiamante ancor prima di riattaccare, ne spiccano un paio, surreali.
Li ha lasciati un misterioso signore dall’accento meridionale il quale, con tono tra il seccato e il risentito, per due volte consecutive lascia detto che, senza se e senza ma, vuole parlare con me, dandomi del “signor Tesi” e così comprovando che mi conosce poco o nulla.
Ciononostante, non gli punge vaghezza nè di dire chi è, nè di lasciare il suo numero, nè di chiarire il motivo della chiamata. Però mi deve parlare e lo riafferma in segreteria.
Un vero genio della messaggistica.