Il vaso trabocca la mattina di Natale e forse, a suo modo, pure questo è un regalo. Ma leggere sui titoli di apertura di un celebre quotidiano che una persona ne “ghosta” (scritto pure senza le virgolette) un’altra supera ogni soglia di sopportabilità. Qualunque cosa significhi la ridicola espressione.
Abbiamo (quasi) accettato, per anni, l’uso di pseudoverbi come postare, performare (aaagh!), chattare e altre decine di insulsi termini giovanil-digital-angolbeceri, anzi beceri e basta, ma questo è troppo.
Se già, in Toscana, “Gosto” (senz’acca) è non solo il diminutivo di Agostino, ma sinonimo di sempliciotto campagnolo, dire che “ghosto” qualcuno è linguaggio degno del Gosto suddetto.
Restiamo dunque umani e, soprattutto, civili.
Almeno per Natale. Anzi, per Crismas, come dicono quelli che hanno viaggiato.
