Lunedì 27 i tre sordi – Odg, Fnsi e Ingpi, nel frattempo per fortuna divenuti solo ipoudenti – potrebbero portare al presidente Legnini una proposta di ec condivisa e che il sottosegretario promette di far digerire alla Fieg. Meglio tardi che mai.

La batracomiomachia sull’equo compenso si è ora spostata sul fronte delle pandette.
Insomma, si è momentaneamente trasformata in uno scontro tra avvocati e tra dotti pareri.
Ultimo, quello del prof. Pessi prodotto ieri dal presidente dell’Ordine, Iacopino, in replica a quello, di committenza ministeriale, di Tiziano Treu. Per il primo, l’ec si applicherebbe a tutti i giornalisti, per il secondo ai soli cococo. La differenza, ovviamente, è sostanziale, sebbene tra parecchi distinguo (e anche qualche convergenza) tecnico-giuridici. Per i dettagli vedansi alcuni miei recenti post o quello, lucido e pacato come al solito, dell’ottimo Giulio Volontè (qui).
Che si sarebbe attraversata anche questa fase di una guerra che nasce, e resta, essenzialmente politica (nei rapporti tra istituzioni giornalistiche), economica (nei rapporti tra giornalisti e editori) e di potere (nei rapporti tra Fnsi e Fieg) lo avevamo da tempo vaticinato, come sempre inascoltati.
Ora, però, che siamo o sembra di essere alle porte coi sassi, i toni si alzano e le armi segrete nelle mani dei contendenti proliferano.
Dopo il pasticcio del tariffario ordinistico natalizio (la “riunione del panettone maldigerito“), il successivo squallido doppio gioco di capodanno messo in scena da Fieg e Fnsi (il “patto dello spumantino“, segreto e reso ancora più sgradevole dalle panzane sullo stato dell’arte raccontate pubblicamente, sottoscritto incluso, dal presidente federale Giovanni Rossi agli “stati generali” fiorentini dell’ 11 gennaio) e il rovente scambio di accuse intestine alla categoria che ne sono seguite – spettatore, non si sa fino a che punto veracemente allibito, il sottosegretario e presidente della commissione Giovanni Legnini – ecco quindi il controparere legale dell’OdG, che arriva a ridosso della riunione del prossimo 27/1.
Giunti allo stallo come sulla Marna, i contendenti sono in queste ore impegnati, tra infinite mediazioni, a trovare un punto di equilibrio. Su di loro aleggiano il bastone di un Legnini che minaccia di fare di testa propria (i maligni dicono con qualche suggerimento della Fieg), la carota di un rinnovo contrattuale da fare senza gli ostacoli frapposti da una subcategoria ormai esasperata oltre il tollerabile (i freelance, ça va sans dire) e le scadenze di legge che renderebbero vano il lavoro compiuto, con conseguenze anche politiche catastrofiche per tutti.
Che io da sempre faccia il tifo per un ec che abbia un senso e assolva alla funzione per la quale e nato, e non per un risultato qualsiasi da potersi appuntare sul petto come un nastrino di benemerenza, è noto. Insomma di un ec basta sia non m’importa nulla. Nulla importa, nè soprattutto servirebbe, alla categoria dei giornalisti libero professionisti, per i quali nasce.
Allora mi chiedo: ma anche tutta questa giusta esegesi, queste analisi giuridiche, questa messa a fuoco dei soggetti passivi di un principio poi divenuto legge dello Stato, perchè non è stata fatta prima? Quando cioè avrebbe chiarito meglio i termini del dibattito e non sarebbe servita da strumento di lotta dialettico-politica tra le parti in causa?
Sia chiaro: sono il primo a augurarmi che il tutto vada in porto. E che finalmente nel nostro ordinamento professionale entri una norma inequivoca, a tutela e a garanzia di ogni iscritto all’Ordine. Una norma che, scultoreamente, sarebbe destinata a plasmare la realtà e ad avere effetti concreti finora perfino inimmaginabili. Pensiamo ad esempio, visto che la riforma ad albo unico è ben lungi da venire, all’accesso alla professione: se “passa” un ec di importo ragionevole (cioè almeno minimamente remunerativo), è concepibile che i consigli dell’OdG non si parametrino ad esso per valutare la congruità e la sussistenza stessa dei pagamenti degli articoli che i candidati pubblicisti produrranno nella loro domanda di iscrizione?
Un secondo, doloroso ma benefico effetto potrebbe essere lo sfoltimento della cosiddetta popolazione giornalistica. O meglio di una frazione della medesima: il fitto sottobosco di giornalisti di sola tessera che fanno un altro mestiere o fanno i giornalisti gratis, insomma gli hobbisti (purtroppo il nostro è un ordine professionale e il giornalismo è un mestiere, non un club). Ciò ricondurrebbe a dimensioni fisiologiche la categoria e attenuerebbe la necessità di una riforma che, ad oggi, appare di urgenza immediata, pena l’implosione dell’Ordine.
Insomma, continuiamo, tra il disilluso e l’annoiato, a stare alla finestra a guardare.
Amici ben informati (e spero non compiacenti) mi dicono che le scomode invettive uscite in materia di equo compenso da questo blog siano, nelle alte stanze, formalmente ignorate ma in realtà lette e, nel loro piccolissimo, pure considerate.
Speriamo che sia vero.
Ma se lo facevano prima era meglio.